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MESSA: Feast For Water

data

31/03/2018
85


Genere: Doom Metal
Etichetta: Aural Music
Distro:
Anno: 2018

Luci rosse soffuse, un piccolo candelabro posto sulla soglia del palco, loschi e misteriosi figuri a prendere possesso dei loro strumenti, ed infine una sacerdotessa dai capelli scarlatti che compie il suo inebriante rituale. Così si sono presentati i Messa in quel del Lo-Fi di Milano qualche anno fa, in uno dei loro primissimi live, quando ancora il disco d’esordio ‘Belfry’ era ancora piuttosto lontano dalla sua pubblicazione. Da quel momento, e soprattutto dall’uscita di ‘Belfry’, i quattro ragazzi veneti ne hanno percorsa di strada, e hanno riscosso notevoli consensi grazie ad un doom particolare e mai banale. Su questa scia e lunghezza d’onda, sempre con il supporto dell’etichetta Aural Music, quest’anno danno vita al secondo album, un album che è un elogio alle proprietà ed alle caratteristiche più misteriose, occulte, e ritualistiche di uno degli elementi fondamentali della Natura: l’Acqua. ‘Feast for Water’ è, come detto e riproponendo fedelmente la traduzione, un elogio all’acqua, un suo ricordo solenne. E la si ricorda tuffandosi a capofitto come il personaggio raffigurato in copertina, che ci incita ad immergerci dentro le sonorità della band veneta, che pesca a piene mani da riferimenti quali Jex Thoth, The Devil’s Blood e Bathory, e che in questo frangente instilla componenti che vanno aldilà del doom e del metal tradizionale, andando a solcare territori ed orizzonti vicini ad un certo jazz e ad un certo soul densi di un gusto molto fragrante. Questo cambio di direzione lo si percepisce in maniera possente soprattutto nella seconda parte dell'album, dove si nota una tra le tante gemme di ‘Feast for Water’. Si parla in questo caso dell’accoppiata “She Knows” / “Tulsi”, che si apre con un pianoforte in perfetto stile jazz club fumoso americano degli anni ’30, dove si erge in maniera conturbante, seducente ed allo stesso tempo impetuosa la voce e la sinuosità di Sara, che con apparente tranquillità ci contorce l’anima. Non c’è solo il soul penetrante, ma questo brano include anche un metal ben dosato, che può ben figurare anche in ambienti più confacenti ad un gusto musicale più raffinato; non credo di dire una bestemmia se un brano di questo tipo, in locali come il Blue Note, facesse la sua onestissima figura.

Invece di concludersi tenuamente, il finale di “She Knows” ci riserva una grande allaccio alla successiva “Tulsi”, con la chitarra dalle basse frequenze e la ritmica di batteria che aiutano a sostituire la precedente scenografia, svelando l’anima autentica dei Messa, con intorno scenari oscuri che le sono propri, e dove il doom prende sopravvento costante. Un altro brano dove si percepisce questo binomio doom metal-atmosfere jazz è “White Stains”, che cresce con il passare degli ascolti e che fa capire la dinamicità di suoni che compie una band come i Messa. Facendo rewind con il lettore, si scoprono molte altre suggestioni, a partire dall’opener “Naunet”, vero esempio di drone music viscerale e spiazzante. Andando avanti si incontra l’altra grande gemma dell’album, “Leah”, che ha anticipato l’intero disco con un video molto interessante e sgorgante occultismo allo stato puro, dove l’elemento dell’acqua e la sua importanza risultano vitali, come vitale per la bontà della band è la presenza di Sara, vero emblema della band assieme al cervello ed alla voglia di sperimentare del bassista e co-leader della band, Marco. La chitarra di Alberto e la voce superba di Sara si presentano taglienti come lame affilatissime, ed i colpi di cassa di Rocco che si abbracciano ai vocalizzi di Sara ci perforano il petto, per un brano che molto probabilmente diventerà un classico della band, vera espressione del doom moderno. Ecco come i Messa concepiscono il doom, donando al genere una raffinatezza che raramente in passato si è potuta riscontrare. Con solo due album, si presentano già come tra i più importanti gruppi del genere. Per loro, la strada è completamente spianata.

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Commenti

  • Sergio

    i Messa sono stati per me una incredibile scoperta due anni fa, usciti dal nulla con un disco assurdo come Belfry, non speravo che potessero già tornare con un nuovo album, che fra l'altro promette benissimo, lunga vita al Doom Italiano!

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