TEN: THE ESSENTIAL COLLECTION 1995-2005
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30/01/2006Solo chi mi conosce bene sa quello che i Ten hanno significato per il sottoscritto, una band che ha lasciato nella mia vita di amante delle sonorità hard una indelebile e marcata impronta, tutt'ora viva e tangibile nel mio cuore come un amore mai scomparso. E non nego nemmeno di aver sempre avuto un debole per quel grande artista corrispondente al nome di Gary Hughes, un singer che ha sempre ammaliato le mie orecchie grazie al proprio timbro caldo ed espressivo, capace di comporre alcuni dei più grandi episodi musicali di sempre a cavallo tra hard melodico e AOR che il mondo della musica abbia mai avuto il piacere di incontrare. I Ten, però, avevano cominciato a dare segnali di grande instabilità, vuoi per la dipartita prima di Vinny Burns e di Greg Morgan poi, vuoi per una proposta sonora che nell'ultimo "Return To Evermore" non aveva convinto appieno, in particolare se paragonata a quelli di altri immensi capitoli della storia del gruppo d'oltremanica. Capirete quindi che l'annuncio di un greatest hits totalmente ri-registrato e ri-arrangiato rappresentava per il sottoscritto un vero e proprio bivio, perché una riuscita operazione di questo tipo avrebbe conferito smalto ed energia al nuovo corso di una nuova line-up, ora orfana, dopo le indiscrezioni dell'ultimo minuto, anche di Steve McKenna. Purtroppo però, e lo dico con tutto il rammarico del fan che ne avrebbe promosso qualsiasi uscita di benché minimo valore, i Ten questa volta hanno seriamente e miseramente fallito. La nuova doppia raccolta del gruppo, intitolata "The Essential Collection 1995-2005" ha infatti posto le basi per quello che potrebbe essere un vero e propio canto del cigno, che potrà a questo punto concretizzarsi o meno all'interno del nuovo album atteso per il 2006 in corso. Il greatest hits qui in esame, diviso in due differenti sezioni ("Essential Rockers" ed "Essenzial Ballads"), sembra aver quasi inflitto una deprecabile pugnalata nelle spalle a quelle che erano le versioni originali dei pezzi ivi contenuti, il tutto per i motivi che non tarderò ad elencare. Le chitarre un tempo tanto taglienti quanto raffinate, vero e proprio punto di forza del sound made in Ten, sono state qui sostituite da rantolii non ben identificati, schiacciate e messe in secondo piano dal restante parco strumenti, il tutto a causa di un mixaggio assolutamente pessimo che ha depredato di anima ed energia canzoni immortali come "The Name Of The Rose" e "Red". Il sound della batteria, inoltre, soffre incredibilmente anch'esso del male incurabile diffuso all'interno della nuova registrazione, reso addirittura ridicolo e senza presenza in alcuni brani come solo nei peggiori demo, manco fossimo a parlare di quattro ragazzotti alle prime armi. Non mi sento di aggiungere altro su questa per il sottoscritto pessima uscita in studio di Gary Hughes e compagni, un titolo che macchia senza ritegno una discografia sin qui composta solo da episodi positivi, sicuramente non rappresentata al meglio da una raccolta di questo tipo. Un consiglio: se volete iniziare ad avvicinarvi alla musica di Gary Hughes e soci, questo non è sicuramente il disco giusto da cui partire.
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