MALEVOLENT CREATION: THE WILL TO KILL
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29/07/2009Se fra i lettori c’è qualche amante di WWF, qualcuno dovrebbe ricordarsi come chiamavano gli speakers il grandissimo Brett Hart. Ecco, non esiste altra espressione più perfetta, per descrivere questo nuovo capitolo dei Malevolent Creation, perché The 'Will To Kill' rappresenta per davvero ciò che Brett era per il wrestling, ovvero l’eccellenza dell’esecuzione. In un certo senso spero anche che non dobbiate mai avere a che fare con questo disco. Nel momento che premerete il tasto play sarete assaliti da una belva indemoniata. Constaterete ciò che vi ho appena detto, quando il disco partirà e la title track vi sommergerà di una violenza inaudita: non si era mai avuto un muro di suono così per la band, tutti gli strumenti alla grande, sezione ritmica da inchino e il nuovo arrivato Kyle al microfono, rende ogni brano una perla di death metal immancabile. Abrasivo e instancabile, veloce, tecnico e se vogliamo anche carismatico, perché ci si nasce solo, così grandi ad interpretare dei brani dalla struttura tecnica abbastanza impegnativa. Un brano, il primo, che vi si fionderà in testa fin dai primi secondi, un vero e proprio anthem, che i MC sbandierano sempre in giro nei loro concerti. Il livello di pazzia interpretativa poi, è maggiore per quanto riguarda Mr Simons. Molte volte, potrete avere anche voi la conferma che è lui quello più capace di modulare la propria voce, tra ampi gutturali e screaming altissimi lancinanti. Brett invece punta più sull’impatto: non mi permetto di dire se sia meno o più tecnico, ma una cosa palese è che è più selvaggio, ha un’attitudine più rude e old, e tende a rendere le canzoni più in-your-face senza dar troppo conto a come e dove cambiare registro. Il disco è una continua guerra, "All That Remains" (che vede come ospite nel solo di chitarra l’axeman dei Council Of The Fallen), distrugge totalmente i canoni thrash (tipo verso il secondo minuto oppure il brano "Divide And Conquer"), inglobandoli nel marchio MC. Altro brano che sottolinea la natura schizzata della band e del cantante Kyle (soprattutto), è il brano di chiusura "Burnt Beyond Recondition", dotato di un coro al napalm e un finale da brividi. Alcuni episodi hano quasi la capacità di catapultarci tra presente e passato, infatti "The Cardinal’s Law" sembra riportarci indietro di 2 anni al disco precedente, mentre la rasoiata (pazzesca!) "Superior Firepower", vuole concedersi il lusso di riacquisire la potenza e la frenesia tipica del debutto. Perfetti: nient’altro.
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