MOB RULES: ETHNOLUTION A.D.
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13/11/2006In casa Mob Rules si festeggia un nuovo pargolo, un fagottino di gioia che rende tanto orgogliosi i suoi genitori, a maggior ragione se si consideri che somiglia in tutto e per tutto ai suoi fratelloni. Come già è stato per i dischi precedenti, infatti, si conferma la tendenza della formazione capitanata da Klaus Dirks a scrivere dischi tecnicamente eccellenti ma privi di un'anima. Sarebbe forse più esatto dire che un'anima c'è, ma è spezzata e dispersa attraverso tutta la produzione della band, formando così un mosaico all'insegna della continuità e del buon gusto, con quella punta di barocco che spicca sulla maestosità diffusa tra i brani. E' brutto a dirsi, ma anche questa volta ci si potrebbe accontentare di una semplice osservazione: il disco è perfetto e freddo. Certamente brani come "The Last Farewell" o "Unholy War" (quest'ultima in realtà un po' troppo vicina a classici della band come "Hollowed Be Thy Name" e "Black Rain") riescono a coinvolgere l'ascoltatore, ma si ha un effetto transitorio, e purtroppo alquanto superficiale, che non riesce a permeare l'intero ascolto. Viene anzi spontaneo osservare come, con questo "Ethnolution A.D.", i Mob Rules si siano spinti ancora più avanti sulla via della pomposità e delle atmosfere corali: è bello sapere che Onnen si diverte con le sue tastiere, ma in questo caso stiamo veramente sfiorando l'eccesso, e come è ben noto il troppo stroppia. "River Of Pain" viene incontro all'ascoltatore con un attacco di discreta potenza, ma si perde rapidamente in un tripudio di effetti simil elettronici da cui fatica a riprendersi; in compenso, la semplicità della linea melodica la rende un pezzo abbastanza accattivante da risvegliare dal torpore che aveva accompagnato la relativa monotonia delle tracce precedenti. Nel complesso questo quinto parto della mente dei Mob Rules risulta un disco un po' piatto, certamente pregno di un'ottima tecnica esecutiva e compositiva, ma purtroppo privo, come già è stato per i suoi predecessori (eccezion fatta, almeno parzialmente, per il disco d'esordio, "Savage Land"), di quella capacità di emozionare che lega all'ascolto distraendo dal resto del mondo.
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