JUDAS PRIEST: SIN AFTER SIN
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22/04/2005Un anno è trascorso dal precedente “Sad Wings Of Destiny” ed alcune cose sono cambiate, a cominciare dalla la label. La CBS, di ben altro spessore rispetto alla “tirchia” Gull, da qui instaura con i Judas Priest un rapporto che durera’ ben tredici anni. Inoltre, abbiamo la dipartita del drummer Alan Moore in favore di Simon Phillips: come si vedrà nemmeno questa scelta sarà a lungo termine. Le ali tristi del destino rendono il tentativo di bissare il discone precedente un azione alquanto ardua, così i Nostri si “limitano” a mantenersi su alti livelli. Si parte alla grande con la teatrale e maligna ”Sinner”: l’heavy metal cosiddetto “priestiano” è sempre più evidente. Lo è ancora di più ascoltando la ritmica di “Starbreaker”, molto pesante per l’epoca, tuttavia per quanto concerne l’intero disco siamo abbastanza lontani da una produzione accettabile. ”Diamond And Rust” è una cover by Joan Baez, qui energizzata per l’occasione. Devo dire, onestamente, che non ho mai ascoltato la versione originale, ma credo che non sia stata certamente storpiata. Diciamocelo francamente: una ballad è solo una ballad! Ma lo stesso non si può dire quando si sta parlado dei Judas Priest. Raramente si ha la possibilita’ di essere emozionati da un lento che sia contemporaneamente oscuro, intenso e malinconico. Basti ascoltare “Last Rose Of Summer” ed avrete le idee più chiare. ”Let Us Prey”, ovvero la prima vera e propria speed metal song di casa Priest(e che song!!!). Una delle cose che più mi ha sempre entusiasmato dell’album è l’inizio di “Dissident Aggressor”(peraltro successivamente coverizzata da un’altra macchina da guerra, gli Slayer): le urla di Rob Halford si contrappongono con quella che sembra proprio l’accensione di un pachidermico camion che una volta partito, domina la strada come pochi.
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