DIAMOND DAWN: OVERDRIVE
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05/03/2013Band svedese che assolve il compitino di ricreare sonorità care agli chic rocker d'annata. AOR che più classico non si potrebbe, riminiscenze pomp ed un'attitudine già ben definita delineano lo stile del sestetto scandinavo. Oltre non riescono ad andare, però, dato che la qualità del lavoro naviga tra il mediocre e la sufficienza. A permettere ai Diamond Dawn di non convincere contribuiscono fortemente anche una produzione quasi amatoriale, nonchè ancronistica con i suoi suoni ovattati all'inverosimile - stranamente fuori dai canoni della Frontiers - e l'ugola di Alexander Strandell che non riesce mai a condurre i brani lì dove dovrebbe andare: piatta, mono espressiva, a dir poco elementare. Non è che avremmo preferito Geoff Tate al microfono - album e band passate alla storia presentano singer tecnicamente scarsi - ma il buon Alexander ha molta strada da fare per superare la medicrità che lo attanaglia. In quanto ai contenuti, qui c'è davvero poco altro da aggiungere se non che s'intravede qualche spiraglio qua e là lungo l'album in brani come "Indestructible" e "Powergames", episodi in cui la band ci dà dentro con convinzione, risollevando in parte le sorti di un lavoro destinato esclusivamente a chi non riesce a fare a meno neanche dell'insignificanza.
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