BORIS: Pink
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02/02/2010Finalmente i Boris salutano il 2005 con un disco entusiasmante. Che poi… non è che ci sia tanta scelta, se vediamo che nello stesso anno, sono usciti 4 live albums, 'Dronevil', 'Mabuta No Ura' e un boxset. 'Pink' è un disco variegato, bello tosto, che nel proseguire degli ascolti cresce di qualità, si fa apprezzare, e strizza l’occhio ad un ventaglio musicale che riesce a condensarsi al 100% nella matrice della band. 'Pink' scivola via una bellezza tra brani stoner, come la titletrack, e altri più rozzi, elemento riscontrabile in "Woman On The Screen" e "Nothing Special", due su tutte. A introdurci in questo sporco mondo stoner made in Boris, ci pensa "Farewell", dal forte rimando alla My Bloody Valentine. Inaspettato, il rallentamento da parte di "Afterburner", stacco lento che dimentichiamo subito grazie a brani come "Pseudo-Bread", o "Six-Three Times", che seppur ripetano in un modo o nell’altro la stessa formula dell’intero disco, sono comunque particolari. Brani come questi, così come 'Pink' nella sua interezza, fa carpire al meglio la natura dei Boris come jam-band, trio formidabile nello sfornare canzoni anche solo dopo un take o massimo due. In mezzo al caos, spuntano fuori due tracce particolari, una (purtroppo breve "My Machine", e "Just Abandoned Myself", che sfiora i 18 minuti di durata. Peccato veramente per la prima: vista la natura pazza del gruppo, mi aspettavo più esperimenti, più …musica, ma purtroppo a quasi fine cd, questa strumentale lascia spazio al “solito” pezzo dal sapore stoner, che però nei suoi rimanenti 9 minuti, è tutto un dimenarsi di dilatazioni drone.
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