SPIRITUAL BEGGARS: Sunrise To Sundown
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29/03/2016La creatura ormai già adulta nata dalla mente del mastermind Michael Ammot, lungi dall'essere definita un semplice e banale side project, prosegue il suo pachidermico cammino lungo il solco tracciato dagli ultimi dischi quali 'Earth Blues' e 'Return To Zero' che hanno visto avvicendarsi alla voce il naturalizzato svedese Apollo Papathanasio al posto di Christian "Spice" Sjöstrand. La band ha subito in questi ultimi capitoli una svolta che l'ha fatta virare più sui territori hard rock di stampo classico, perdendo, ma non del tutto, quel tocco più grezzo e più propriamente stoner che aveva trovato piena consacrazione in dischi quali 'Ad Astra' o 'Demons'. Questo ultimo capitolo della band svedese 'Sunraise to Sundown', in ogni caso non delude le aspettative, è l'ennesima lezione di Rock che rielabora, in chiave personale e mai banale, gli insegnamenti dettati dai grandi maestri nelle ultime quattro decadi. Il disco si apre con la title track che dimostra come si riesca a strutturare un groove trascinante su un semplice riff di chitarra, pezzo di grande impatto che costituisce il preludio ideale alle tracce che seguiranno. Già in "Diamond Under Pressure" e "What Doesn't Kill You" sono evidentissimi i richiami a gruppi quali i Deep Purple (Mark III), i gorgheggi vocali alla Coverdale e gli innesti ben cesellati dell'hammond non possono che essere considerati omaggi portati con devozione alla corte degli Dei del Rock. Senza virare il nostro percorso approdiamo alla sesta traccia. "No Man's Land" è palesemente un tributo ai Rainbow dell'immortale Ronnie James Dio, che plasma i nostri in moderni menestrelli con un Apollo Papathanasio in grande spolvero, vero e prorio condottiero della compagine svedese. Dopo una ripetitiva e ossessiva "I Turn To Stone", costruita su un pattern mesmerizzante di Ludwig Witt, veniamo alla "quartina" conclusiva del platter che è un'alternarsi di flussi emozionali. "Dark Light Child", in coppia con la penunltima "You've Been Fooled" sono i capitoli più stoner oriented, affini alle produzioni passate della band, "Ad Astra" e "Demons" su tutti, mentre "Lonely Freedom" e "Southern Star" sono di matrice più intimistica con marcati richiami al filone psichedelico, in particolare la prima delle due, con il suo chorus sognante ed i suoni che fanno da sottofondo ad un viaggio lisergico. A sugellare questa ennesima prova su disco ci pensa la copertina, stupenda opera plasmata dalle sapienti mani di Costin Chioreanu.
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