BORIS: Heavy Rocks
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15/09/2022Il Giappone ha prodotto nel tempo band notevoli di ogni genere, di generi musicali anche molto distanti tra loro. Nel paese del Sol Levante si è sempre osservato a trend e stilemi occidentali; ma spesso questi ultimi sono stati fatti propri in maniera originale. I Boris sono un esempio: hanno una carriera ormai trentennale che conta parecchie pubblicazioni tra full length, EP e live, e la formazione, a quanto leggo, è ancora quella originale del 1992. Il nuovo disco risulta variegato, schizoide e piuttosto acido: il brano di apertura, “She Is Burning”, parte sparatissimo e violento, e la voce del cantante mi ricorda a momenti quella del grande Chris Cornell nelle tonalità più basse. Come accennavo prima, la band giapponese riesce a mescolare agevomente generi estremi come sludge, stoner, heavy metal e psych hard rock anni ’70. Un fulgido esempio è “Blah Blah Blah”, brano in cui troviamo addirittura la strana presenza di un sassofono usato alla John Zorn. Altra traccia degna di menzione è “Nosferatou”, in cui ritorna piacevolmente il fantasma de Melvins: brano lentissimo e roccioso, con assoli di sax che nulla ha a che fare col soul e il funky! E infine “Ghostly Imagination”, traccia in cui l’industrial più sporco la fa da padrone. Preciso che non conosco molto di questa band e non posso dire se questo disco è l’ennesimo refrain che va avanti da molto tempo, considerando che quello che fanno i Boris è riprendere ingredienti antichi, mescolarli e frullarli, fino ad assumere nuova forma. Ciò premesso, posso ritenere questo disco comunque assai fresco e gradevole all’ascolto, e nel 2022 la cosa non è per nulla semplice. Piccola nota stonata: la copertina leopardata la potevano evitare: fa venire in mente le orribili e patinate band glam metal anni ’80, con cui, fortunatamente, i Boris non hanno nulla a che fare.
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