TKO: Voglia di ristampe
Prosegue l’opera meritoria da parte dell’etichetta londinese ristampando titoli appartenenti ad alcuni degli eroi dell’hard & heavy della prima ondata, che contribuirono ad istituire la scena della west coast americana: Quiet Riot, Rough Cutt, Ratt, Armored Saint e Malice. È il turno dei TKO, originari di Seattle, guidati dall’iconico Brad Sinsel arrivano all’esordio nel 1979 con un sound che raccoglie l’eredità dei seventies: Alice Cooper, Sammy Hagar; BTO (Buckman Turner Overdrive) e Golden Earring. Fin dall’esordio ‘Let It Roll’ il quintetto mostra i muscoli, peccato per una produzione poco esplosiva che non rende merito a tracce riuscite come ‘Ain’t No Way To Be’, ‘Only Love’ e ‘Gutter Boy’, costruite su riff immediati ed irresistibili, supportate da ritornelli ruffiani: ‘Come A Day’ messa nelle mani dei Twisted Sister l’avrebbero trasformata in un tormentone.
Sei anni separano il debutto dal suo successore ‘In Your Face’, Brad Sinsel saldamente fermo nel suo ruolo di screamer torna con una formazione completamente rinnovata, in cui troviamo anche la futura stella dei tamburi Ken Mary: Fifht Angel, con David Chastain ed Impellitteri ma, soprattutto, negli House Of Lords. ‘In Your Face’ si scontra con le nuove leve rampanti del metallo americano, Motley Crue e Ratt su tutti, King Kobra, Icon ed Alcatrazz in tono minore, e per quanto abrasivo e più heavy perde il confronto, a causa di una produzione che non svecchia il suono dei TKO. Con ‘I Wanna Fight’ Sinsel scarica tutta la sua rabbia per tutti gli anni persi, in attesa di rientrare sulle scene, ‘Don’t Give It Away’ sembra uscita dal songbook dei Quiet Riot per il suo martellamento incessante, mentre la veloce e scaltra ‘Danger City’ è un assalto all’arma bianca, chiamata a chiudere un album che avrebbe dovuto rappresentare il rilancio per i TKO ma così non è stato.
Per la produzione del terzo lavoro viene messo nel mirino ‘Point Of Entry’ dei Judas Priest, con dei suoni più asciutti e meno spigolosi, nel tentativo di ottenere degli ammiccamenti radiofonici, ma anche nello stile le tracce fanno il verso al glorioso e storico combo inglese. Ai TKO riesce il verso ad Halford e soci, come fecero i Krokus nei loro album più massicci, nel complesso la scrittura di ‘Below The Belt’ è buona e non denuncia cali di tono, anzi ci sarebbero alcuni brani da riscoprire (‘Sticks ‘N Stones’, ‘Can’t Let Go’, ‘Beware The Hunter’ e ‘Rock’n’Roll Remains’) ed un Brad Sinsel da apprezzare, mettendo in mostra un’estensione vocale notevole. Le tre ristampe contengono bonus: da ‘Let It Roll’ sette tracce in versione live, specchio fedele della carica animalesca che i TKO riversavano sul palco, da ‘In Your Face’ tutte le tracce sono riportate anche in versione remix, mentre ‘One Of The Boys’ è l’unica traccia bonus di ‘Below The Belt’.
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