FOGHAT: Voglia di ristampe
Inglesi d’origine, ma trapiantati negli States, i Foghat sono considerati delle leggende da palco per come sapevano infiammare i loro spettacoli. Tre su quattro provenivano dai Savoy Brown (hard blues rock band seminale), reclutata poi una seconda chitarra ed oltrepassato l’Atlantico i Foghat iniziarono a raccogliere consensi e dischi d’oro, soprattutto con ‘Fool For The City’, oggi ristampato insieme all’incendiario ‘Live’ dalla Rock Candy, in versione audio remastered e reloaded, entrambi sprovvisti di bonus aggiuntive. Partiamo da ‘Fool For The City’, quinto album per il quartetto londinese ed il primo a raggiungere il ragguardevole traguardo del disco di platino, trascinato dal singolo "Slow Ride": grande ed imprescindibile classico che mutò le sorti commerciali dei Foghat. L’album contiene sette tracce, tra cui due rifacimenti ("My Babe" dei Righteous Brothers, ritornarono in auge grazie al movie ‘Ghost’ musicato da "Unchained Melody", e "Terraplane Blues" accreditata a Robert Johnson), oltre alla già citata "Slow Ride", la title track è un altro ottimo esempio di heavy boogie da suono massiccio, di quello che smuove le budella. "Drive Me Home" è un altro prototipo di boogie rock trascinante, uno dei quei brani in grado di scalzare anche le vecchiette dalle poltrone: "Take It Or Leave It" non è esattamente una ballad, ma una pregevole carezza acustica, delicata e soave cantata con il giusto trasporto da Peverett.
Negli anni ’70 i live album potevano rappresentare, come fu per i Foghat, un momento topico della carriera e ‘Live’ non sfugge a questa regola, con i suoi 2 milioni di copie certificate solo negli USA: è la perfetta fotografia dell’attitudine selvaggia che Dave Peverett, Rod Price, Nick Jamison (produttore del medesimo live), e Roger Earl erano in grado di eruttare durante i loro show. Affiatatissimi, con in dote un tiro impressionante (nonché bravi con i rispettivi strumenti), grazie alla precisa e poderosa seziona ritmica, i Foghat con il loro stile semplice ma efficace e viscerale (entusiasmanti i fraseggi delle chitarre gemelle imbracciate da Peverett e Price), seppero ispirare molti gruppi ma, soprattutto, solleticare l’immaginario di rock band negli americani. "I Just Want To Make Love To You" (firmata Willie Dixon e ripresa dai Foghat sul primissimo disco) con i suoi 8’ ed oltre è perfetta per essere dilata e lasciare le chitarre libere di improvvisare, mentre "Honey Hush" è un treno in corsa: quasi spasmodica nella sua irruenza e forza d’urto. A "Slow Ride" il compito di chiudere il set, a sublimazione di un ‘Live’ entrato di diritto nella storia di grandi live album degli anni ’70, accanto ai vari 'Alive!’ (Kiss), ‘At Fillmore East’ (The Allman Brothers Band), ‘At Budokan’ (Cheap Trick) e ‘Frampton Comes Alive!’ (Peter Frampton), solo per citare alcuni dei capisaldi.
1973 - Foghat (aka Rock and Roll)
1974 - Energized
1974 - Rock and Roll Outlaws
1975 - Fool for the City
1976 - Night Shift
1977 - Foghat Live
1978 - Stone Blue
1979 - Boogie Motel
1980 - Tight Shoes
1981 - Girls to Chat & Boys to Bounce
1982 - In the Mood for Something Rude
1983 - Zig-Zag Walk
1994 - Return of the Boogie Men
1998 - Road Cases Live
1999 - King Biscuit Flower Hour Live
2003 - Family Joules
2004 - Eight Days on the Road Live
2006 - Live II
2009 - Live at the Blues Warehouse
2010 - Last Train Home
2016 - Under the Influence
2017 - Live At The Belly Up
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