FLAVIO ADDUCCI: Benvenuti All'Inferno!
Ambizioso il progetto che si è proposto di realizzare Flavio Adducci, niente di meno che coprire tutta la fase che porta alla nascita del black metal come lo conosciamo oggi. Partendo addirittura dal blues, per passare al rock, l'autore intende ripercorrere tutte le tappe, con dovizia di particolari e a spettro largo, analizzando scene da ogni parte del globo, che portano nei primi anni novanta alla formazione di un nuovo genere di metal. La premessa è però già discutibile, in quanto il filo conduttore per localizzare i prodromi del black metal è stato identificato nel satanismo. Senza entrare nel filosofico (il testo ne prende in esame ogni aspetto, dell' adesione più o meno apertamente dichiarata ad un satanismo "istituzionale" alla paccottiglia derubricata dalla maggior parte delle bands metal di ogni genere a eccessi di gioventù), trovo fuorviante l'identificazione del leitmotiv, primo perche pertiene altrettanto al metal in generale e non è quindi un elemento peculiare del black; secondo perche ci sono temi almeno altrettanto presenti nel metal nero come la mitologia, la natura o il mondo tolkieniano, questi forse si più caratteristici, anche nel passaggio dal metal tradizionale al black metal. La mole di informazioni presente nel volume è notevole, spaziando da fatti noti ai più fino a parti più oscure come le scene sudamericane, secondo alcuni in particolare quella colombiana molto influente su quanto concepito in Norvegia da Euronymous e compagni. Non difetta quindi, all'origine di questo lavoro, una cospiscua opera di ricerca. Quello che rende difficile apprezzare questo volume è un certo tono sensazionalistico che lo pervade un po' tutto. Tono sensazionalistico che si manifersta nell'attenzione riservata ad amenità di ogni genere, poco pertinenti con la musica (tutto il repertorio di gossip e scandalistico usato di solito dalla stampa mainstream per screditare la scena metal o altre scene alternative). Dette amenità punteggiano il testo un po' ovunque, mischiandosi a fatti acclarati senza che ci sia un vero e proprio sforzo per distinguere gli uni dalle altre. Il tono sensazionalistico risulta evidente anche dagli innumerevoli punti esclamativi utilizzati, uno per ciascuno delle triaviali circostanze extra musicali (vere o false poco sembra importare) menzionate nel testo. Infastidisce anche, da cultore e appassionato del genere, un certo modo di vedere i protagonisti, che vengono di volta in volta definiti "depravati" "debosciati" o "deviati" o di cui si sottende ripetutamente una cattiva abitudine ad abusare di alcolici. Questo tono all'apparenza moraleggiante (prevedibile in una pubblicazione mainstream conservatrice, ma francamente non in un testo come, mi pare, questo si proponga, almeno nelle intenzioni dichiarate, di essere) forse non è ciò che sembra, ma semplicemente un altro modo per creare quel quid di sensazionale o di scandalistico di cui ho già detto precedentemente. Nel descrivere i protagonisti della scena come deviati non sembra esserci nessuno sforzo per capire le ragioni di un certo fenomeno, poca o nessuna analisi storica, nonostante siano ormai passati decenni. Questo porta anche a topiche clamorose, come quando si prende in esame un momento determinante della nascita del genere, ovvero il suicidio di Per Yngve Ohlin nell'aprile 1991, suicidio che porta Euronymous a smettere di definire la propria band "death metal" (cosa che fa almeno fino a tutto il 1990) e a cominciare a etichettarla come "black metal" in antagonismo al genere precedentemente nominato, a suo dire ormai commercializzato e, nella sua retorica, causa del suicidio del compagno. Al tono scandalistico di questo volume fa gioco scrivere che Dead, con macabro senso dell'umorismo da persona deviata, abbia semplicemente lasciato scritto "scusate per tutto il sangue". A parziale scusante per l'autore vale la pena menzionare che anche il celebre "Lords Of Chaos" incorre nello stesso errore. Questo però avveniva 20 anni fa e, oggi come oggi, è risaputo che la nota lasciata dall'allora cantante dei Mayhem non era costituita da 4-5 parole di dubbio umorismo ma da circa 150 parole, riportate integralmente addirittura da Wikipedia. Queste descrivono il dramma di una persona che, non riuscendo a togliersi la vita come avrebbe voluto (con un coltello, nel bosco) a causa della pessima qualità dell'arma e della temperatura fredda che fa si che il sangue coaguli, si risolve a farla finita con un'arma da fuoco, dentro casa. C'è anche spazio per un tentativo di spiegazione del gesto e per un paio di disposizioni pratiche a chi dovesse ritrovarlo. In conclusione, siamo di fronte ad un testo frutto di un progetto interessante, ma che finisce azzoppato dalla scelta di dare un taglio dal sapore scandalistico al racconto. Lo stile della scrittura (la miriade di punti esclamativi) e il tono (moraleggiante, alternativamente troppo compiaciuto di sguazzare nel torbido) sono adeguati a questa scelta. La quantità di informazioni presenti è importante, ma anche questa è affogata in una mole altrettanto considerevole di fatti, piu o meno verificati o verificabili, che poco o nulla hanno da spartire con la musica.
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