TEN: RETURN TO EVERMORE
data
06/09/2004Momentaneamente ibernati per dare a Gary Hughes la possibilità di comporre la propria rock opera "Once And Future King", i Ten tornano sulle scene nel 2004 in corso con il nuovo lavoro "Return To Evermore", il primo uscito al di fuori del duraturo sodalizio con la nostrana Frontiers Records. Corredato da un artwork non fenomenale ma comunque di buon gusto, il nuovo cd della rinomata band inglese si articola su tredici tracce molto vicine alle sonorità del disco di debutto, contraddistinte da melodie di facile assimilazione tinte di forti sfumature AOR-oriented. E' comunque necessario, al fine di motivare la votazione situata in calce a tale recensione, discutere relativamente ad alcuni elementi di non secondaria importanza, ottimi nel fornire un quadro risoluto ed esaustivo su cui basare le nostre riflessioni. Il primo fattore che risulta subito evidente, già ad un primo ascolto, è lo stile proprio scelto per questa nuova fatica, molto simile a quanto offertoci da Hughes e soci nel primo omonimo album ed in parte nel precedente "Far Beyond The World", entrambi sicuramente distanti dalle aperture epico-sinfoniche di altre uscite come "The Robe" e "Spellbound". Il motivo trainante di tale scelta sembrerebbe essere stato quello di dare spazio e risalto ad una serie di composizioni dirette e semplici, le quali sfociano spesso e volentieri in fraseggi debitori a sonorità di stampo prettamente pop/rock. Questo elemento viene particolarmente messo a fuoco dall'opera effettuata in fase di produzione, indubbiamente distante dal sound potente e incisivo dei già citati "Far Beyond The World" e "Once And Future King", ed invece stilisticamente votata a dar sfogo agli arrangiamenti di tastiere del comunque bravo Paul Hodson, fattore che tende a rendere poco graffianti e a mettere in secondo piano le chitarre del nuovo arrivato Chris Francis, al debutto ufficiale col marchio Ten dopo la dipartita del defezionario Vinny Burns. E' anche per questi motivi appena elencati che "Return To Evermore" fatica ripetutamente a decollare, dando l'idea di un un'uscita sì valida, ma ben distante dagli standard qualitativi offertici sin qui dal combo britannico. A contribuire alla già diffusa atmosfera di non totale soddisfazione, si aggiunge l'eccessiva prolissità di alcune parti strumentali introduttive all'interno delle varie songs, buone solo ad alimentare la fino ad allora celata sensazione di noia. Queste critiche non devono comunque eccessivamente livellare il valore del disco in sè, che paragonato a gran parte delle proposte della concorrenza riesce comunque a fare la sua più che dignitosa figura, mostrandoci un gruppo ancora in grado di dire la sua in un difficile mondo come quello dell'hard melodico. Così, per ottenere il voto finale, è necessario effettuare una semplice media matematica: quella tra il 72 legato al pesante fardello di appartenenza alla eccelsa discografia dei Ten, ed il 76 del lavoro in sè, senza riferimento alcuno alle orme delle composizioni passate. Promosso, ma al netto delle lodi.
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