STARBREAKER: Dysphoria
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21/02/2019L'inizio del 2019 è contrassegnato, tra le altre cose, dal ritorno sulle scene di una coppia di esponenti tra i più significativi appartenenti alla scena hard & heavy nel senso più classico; stiamo parlando degli Starbreaker, progetto partorito dalla mente dell'ex vocalist dei TNT Tony Harnell in unione con il polistrumentista Magnus Karlsson (Primal Fear oltre che illustre session man) dopo oltre dieci anni dall'uscita del controverso 'Love's Dying Wish' che ha spezzato in due i consensi della critica e non solo. Grazie anche alla presenza del nostro Simone Mularoni alla consolle (oramai vero e proprio uomo 'Frontiers') in 'Dysphoria' vengono recuperate le sonorità che avevano fatto la fortuna del debut omonimo, ossia un accostamento tra cristalline melodie con un mood talvolta darkeggiante e un sound maschio, potente che le esalta ai massimi livelli. "Pure Evil" è quanto di più significativo: riff che sono vere e proprie rasoiate, melodie in primo piano ricche di eleganza con la squarciante ugola di Tony in gran spolvero, così come nella cadenzata e ipnotica "Wild Butterflies" esaltata dal tocco di classe dei suoi vocalizzi, in particolare nel suggestivo chorus. L'anima melodica emerge con prepotenza nella “My Heart Belongs To You”, sicuramente fra i momenti più emozionanti con un solo di Karlsson veramente toccante e lo stesso dicasi per "How Many More Goodbyes", dal taglio moderno ma che avrebbe fatto strage di ascoltatori negli eighties, mentre nelle strutturate e compatte “Last December” e “Bright Star Blind Me” gli Starbreaker tornano a fare la voce grossa, mantenendo comunque il loro sound sempre piuttosto assimilabile e ricco di fascino, a cui contribuisce anche un ottimo lavoro della sezione ritmica con il nuovo drummer Anders Köllerfors chiamato nell'arduo compito di rimpiazzare un mostro come John Macaluso.
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