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GHOST: Impera

data

25/03/2022
88


Genere: Hard Rock, Melodic Metal
Etichetta: Loma Vista
Distro:
Anno: 2022

Quante scemenze si leggono in rete nei confronti dei Ghost e di questo loro nuovo lavoro. Qualche esempio? "Non è metal". Mah, ok. A parte che "chi se ne frega", ma è anche relativamente falso. 'Impera' è un lavoro molto più "metal" e accentrato sulla chitarra rispetto allo splendido 'Prequelle'. Ce ne si accorge meno perché il tutto è stemperato da melodie vocali totalmente catchy, ruffiane e importanti (e che sembrano appositamente studiate per far incazzare il truce metallaro d'ordinanza), ma certe strutture portanti parlano chiaro. Vado avanti? Ok. "Ecco, fanno la solita minestra, e adesso pure AOR". Mah, no. Proprio no. Ci sono due/tre pezzi (peraltro clamorosi) che strizzano l'occhio a certe sonorità, ma come al solito in un "rimescolamento" perfetto di carte appartenenti ad un mazzo che va dagli anni '70 ai giorni nostri, e che rende la proposta di Forge personale, non incasellabile e subito riconoscibilissima. E sorvoliamo su altre cose perché le chiacchiere stanno a zero, qui stiamo parlando di un professionista totale che azzecca ogni singola linea vocale (come se fosse facile farlo, no?), di un ottimo musicista e songwriter, nonché di un arrangiatore che forse, in questo momento, non ha paragoni nel suo ambito (o ne ha veramente pochi). Chi (io per primo) si aspettava un semplice "proseguimento" della via tracciata con il disco precedente rimarrà parecchio spiazzato perché "Impera" è un lavoro assolutamente vario, è un ideale ponte tra la pesantezza di 'Meliora' e le superbe melodie di 'Prequelle' (ma anche questa descrizione è assolutamente riduttiva), che incorpora molte altre sfaccettature, rendendole parte integrante del "Ghost sound": ed è per questo che si passa dalle atmosfere articolate (qualcuno direbbe "prog") e quasi "allegre" dell'iniziale "Kaisarion", per poi sprofondare nell'hard'n'heavy a stelle e strisce con la splendida "Spillways" (che fa il paio con le strepitose melodie di "Darkness At The Heart Of My Love" e "Griftwood" nel rendere evidente quelle influenze melodic rock di cui sopra), trovando nel mezzo i due mai troppo lodati singoli "Call Me Little Sunshine" e "Hunter's Moon". Vale la pena sottolineare anche la continua abilità nel coniugare pesantezza, pomposità orchestrale e melodia di "Watcher In The Sky" (altro che "pop"), la follia "balcanica" della stralunata "Twenties" e la stupenda chiusura di "Respite On The Spital Fields", a suggellare un album nel quale si odono influenze che vanno dai Blue Oyster Cult a Bon Jovi passando per gli Abba, ma che suona inevitabilmente e inesorabilmente Ghost. Arrangiamenti mostruosi e una scintillante registrazione sono la ciliegina sulla torta di un lavoro, per l'ennesima volta, inattaccabile. I detrattori si mettano l'anima in pace: l'ascesa dei Ghost è destinata a continuare, ed è solo ed unicamente per i loro meriti. Il resto è pura noia.

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Commenti

  • Cosimo

    Grande Simo, concordo su tutto quanto scrivi: disco per certi versi spiazzante (vedi le tastiere ed i cori davvero AOR di Spillways) come da tradizione Ghost, d'altronde. Comunque la qualità è altissima, arrangiamenti sublimi e grandi melodie. Magari un suono meno "Pulito" avrebbe aggiunto quel quid in più ai brani più cupi quali la splendida "Call Me Little Sunshine"; in ogni caso va bene così ed in ogni caso ben vengano album come questo.

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