SEVENTH WONDER: THE GREAT ESCAPE
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22/12/2010'The Great Escape' è il quarto album per i Seventh Wonder, prog metal band svedese che con il precedente concept 'Mercy Falls' ci aveva convinto della crescita e della possibilità concreta di affermarsi come una realtà importante nell'ambito europeo del genere. Il disco, pubblicato sempre dalla Lion Music, arriva nelle nostre mani con l'intento di confermare le impressioni di due anni fa e quindi non ci resta che darne un ascolto per capirlo. Appena messo il supporto argentato nello stereo si viene catapultati nel mondo musicale di questi cinque ragazzi: un misto di prog metal, qualche spruzzo di power ogni tanto, ma soprattutto accenni di cori ed una stupenda voce entrambi in puro stile hard rock/AOR. Tommy Karevik è uno dei punti di forza: la sua voce è una calamita per l'ascoltatore, ed il suo modo di cantare, tipico di un genere molto diverso da quello che poi musicalmente il gruppo ci propone, ammaliano dall'inizio alla fine e sono un tocco originale e personale che poche altre band hanno. I brani scorrono veloci e l'ascolto è veramente piacevole dall'inizio alla fine, unico gradino da superare è proprio la titletrack per la sua grande durata. Infatti "The Great Escape" è una suite di circa 30 minuti che si poggia su un racconto di fantascienza del '56 intitolato "Aniara" dello scrittore e premio Nobel Harry Martinson. In questo pezzo c'è la summa dell'opera dei Seventh Wonder e vi possiamo trovare tutti gli stili citati in precedenza, utilizzati al meglio dal gruppo per raccontare lo svolgersi della storia che fa da traccia per la canzone. Per contro non sempre tutti sono a proprio agio con brani così lunghi, per quanto siano spesso presenti nell'abito prog, e questo potrebbe rendere l'ascolto un po' più ostico però senza che questo intacchi la qualità della composizione stessa. In definitiva, però, non possiamo che confermare l'avvento di questa band agli alti livelli del genere, e consigliare l'acquisto di 'The Great Escape' agli amanti del prog più melodico. Anche perché non è facile trovare band che abbiamo un'impronta così personale e che sappiano, grazie alla bravura di Karevik, coniugare alla perfezione stili così diversi.
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