SECRET SPHERE: Lifeblood
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12/03/2021Con questo nuovo lavoro dei Secret Sphere intitolato "Lifeblood", si assiste in un certo senso ad un ritorno al passato per la band alessandrina dato che, al posto di Michele Luppi, ritroviamo dietro ai microfoni il cantante storico Roberto Messina, in fondo mai dimenticato dai fan di lunga data che hanno sempre sperato in un suo comeback. Dal punto di vista stilistico, rispetto al precedente album, la band sembra virare in maniera più decisa verso un classico power metal, tornando dunque più alle proprie origini anche in tal senso. Questo risulta messo in chiaro già dalla prima canzone vera e propria del disco (sorvolando la solita intro strumentale), che è 'Lifeblood', ma tale tendenza è confermata in generale dal resto della tracklist, nel quale si ravvisa un approccio alquanto tipico della tradizione power e di metal melodico italiano (quanto meno dagli anni '90), per quanto si cerchi di dare una veste quanto più possibile fresca e moderna: in tal senso, va in effetti riconosciuto come Aldo Lonobile abbia fatto senz'altro un ottimo lavoro anche come produttore. In tutta sincerità, dobbiamo ammettere che consideriamo il precedente disco 'The Nature Of Time' un autentico capolavoro, per cui siamo rimasti un po' spiazzati da questa sorta di ritorno al passato (per quanto sicuramente in ambito power la band abbia fatto cose eccellenti), dove ritroviamo buone canzoni, che ci suonano però in alcuni frangenti quasi anacronistiche: prendiamo ad esempio "Alive", una bel brano, ma che sembra scritto più di vent'anni fa e non si tratta certo di un caso unico. Guardando alla tracklist con attenzione, comunque, non ci sembra che la band abbia voluto realmente dare un taglio netto rispetto al periodo con Luppi e, anzi, in tal senso, si riscontra la presenza anche di qualche traccia più affine a produzioni più recenti, come "Against All The Odds" e "Thank You". Inoltre, qualche velleità più tendente al prog (un altro elemento in qualche misura spesso presente nel sound dei Secret Sphere) viene comunque mantenuta, come dimostra la bellissima "The Lie We Love", che si articola nell'arco di oltre nove minuti; c'è poi anche l'immancabile ballata strappalacrime, intitolata "Skywards". In generale, "Lifeblood" non è certo un brutto disco, però ci lascia un po' tiepidi per come è stato impostato e concepito, perchè tante cose sembrano rispondere a schemi ben precisi (abbiamo fatto l'esempio dell'intro, della prima canzone marcatamente power, della ballata, del brano conclusivo più complesso e così via), come se si volesse sottolineare che la band è tornata quella di prima o, persino, come se si volesse rendere l'idea di rinnegare tra le righe il nuovo corso che era stato intrapreso, ma considerando invece che, a nostro avviso, il gruppo alessandrino aveva realizzato davvero ottime cose, riteniamo che non ce ne fosse proprio bisogno.
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