SECRET SPHERE: Archetype
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09/10/2010Nonostante il "pesante" cambio di formazione i Secret Sphere si riconfermano come una delle band italiane più valide. Al sesto disco in studio i nostri provano a mutare di nuovo pelle, ma senza snaturare lo stile di base che li hai consacrati. Fuori Antonio Agate e Paco Giaotti, dentro Gabriele Ciaccia e Marco Pastorino, e freschi di contratti con la Scarlet il gruppo riprende a correre con un disco più diretto rispetto al precedente, per certi versi più "rabbioso", lasciando sullo sfondo le parti più sinfoniche che pur sempre rivivono in brani potenti e di classe dove emergono parimenti bravura esecutiva e talento compositivo. Non sono da meno brani più strettamenti melodici in cui le chitarre giocano un ruolo secondario lasciando spazio alle tastiere ed al piano: "The Scars That You Can’t See" e "Mr. Sin" rappresentano l'unica continuazione con il sound del passato, così avvolgenti, accattivanti, in particolare la seconda che potrebbe mirare anche ad un ingresso in classifica se solo potesse godere di una esposizione mediatica di livello. Poco male, comunque, perchè sono convinto che 'Archetype' avrà le dovute opportunità per giocarsi tutte le carte a disposizione, forte di una band alle spalle conosciuta e stimata anche oltreconfine, rinvigorita dalla prestante energia dei nuovi innesti e solida grazie agli altri storici membri. Tra questi spicca, come al solito, la prestazione di Ramon Messina, una garanzia dietro al microfono, capace di indirizzare i brani quasi sempre verso la linea melodica più funzionale alle parti strumentali, a suo agio anche in composizioni più heavy e tirate. Tutto questo fa si che l'album diventi un lavoro di heavy/power certificato, controllato e garantito. Che magari osa poco, ma assai ispirato. Per leggere anche l'intervista clicca qui.
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