Saturnus: Martyre
data
05/07/2009Seconda fatica discografica per i danesi Saturnus che, con questo nuovo album superano con passo deciso e ben disteso i limiti dell'eleganza ed abbattono i paletti di un genere fin troppo soggetto a scopiazzature, avvinghiando l’ascoltatore in un tornado di note che brillano quasi fossero gemme di rara purezza. Ma tutto questo lo fanno senza mai eccedere nell’uso di stratagemmi stereotipati quali l’uso di coriste, flautisti o gorgheggi femminili forzati all’estremo; la loro unica arma sono i loro devastanti strumenti, la splendida prova vocale del camaleontico cantante e l’arguto inserimento di tastiere sottili e leggere come gocce di brina. Tutte le tracce presenti su quest’album sono state create basandosi sul geniale binomio eleganza-intensità. Per averne un’idea basta ascoltare "Inflame Thy heart", caratterizzato dal cristallino guitar-work, da una serie infinita di melodie penetranti senza però dimenticare l’armonioso ed incisivo cantato; oppure le atmosferiche "Noir" e "A Poem (Written In Moonlight)", tempestate da maestosi ed accattivanti riff creati dalle “piangenti” asce del gruppo Larsen e Poulsen. Citazione a parte meritano le meravigliose "Thou art free", uno spendido tramonto scandinavo tramutato in musica di rara dolcezza cullata da vocalizzi simili a delicati sospiri e "Lost my way", tempestata da un’infinita serie di riffs carichi di groove, potenza, grazie anche all’ottimo lavoro svolto dall’avvinghiante sezione ritmica che accompagna egregiamente il singer Thomas che, con la sua strabiliante prova vocale fa tornare in mente i “maestri Depeche Mode. Per concludere posso solo dire che quest’album è una vera opera d’arte, una tormentata “promenade” all’interno di terre caratterizzate da climi uggiosi, mari tempestosi e falcidiati da sferzate di vento taglienti come lame di rasoi.
Commenti