REDEMPTION: THE FULLNESS OF TIME
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08/11/2005Sono passati circa 3 anni dalla precedente uscita discografica dei Redemption (l'omonimo album d'esordio è del 2002) ed eccoci finalmente a recensire il nuovo lavoro che prende il titolo di "The Fullness Of Time". Dalla line-up di questo disco si può notare come ci siano stati dei cambiamenti in questi 3 anni nella composizione della band, che ricordiamo è stata fondata dal polistrumentista van Dyk e si avvale più che altro di collaborazioni che di una formazione fissa e ben definita. Comunque dicevamo, rimasto van Dick insieme a Bernie Versailles alle chitarre, sono entrati: Ray Alder (vocalist dei Fates Warning) a tempo pieno, nell'album precedente era il lead vocalist di un solo brano, James Sherwood al basso e Chris Quirarte alla batteria (entrambi facenti parte dei Primary). Fatta questa premessa veniamo alla parte centrale di questa recensione ed esaminiamo il contenuto musicale del CD. Il disco segue, pur non essendo un concept album, una vena costante che è la disanima dei rapporti interpersonali e di tutte le sensazioni che ne sono collegate, dall'amore alla disperazione, dalla paura alla speranza, e di come si debba imparare dalle proprie esperienze e dai propri errori per diventare uomini migliori. Per fare ciò si avvale di sonorità progressive metal con inflessioni heavy: pochi album progressive hanno la potenza intrinseca di questo lavoro. Tutte le tracce sanno colpire in pieno l'ascoltatore, sia nelle parti più heavy-prog come quelle di 'Threads' sia negli assoli di chitarra come in 'Trascendence', inoltre la voce di Alder si adatta e accosta ad ogni ritmo e scelta musicale del gruppo in maniera ottima tanto che l'interpretazione del vocalist non può che essere considerata perfetta. Anche le due tracce più lunghe 'Sapphire' e la title-track 'The Fullness Of Time', entrambe oltre i 15 minuti, sanno trascinare dall'inizio alla fine senza pause e/o momenti meno validi. In linea generale siamo di fronte e musicisti che "sanno il fatto loro", ma non lo fanno pesare con esibizioni tecniche troppo esasperate che potrebbero sminuire il lavoro d'insieme, riuscendo a seguire alla perfezione le linee guida stese da van Dick creando così sonorità di altissimo livello. Le tracce migliori? Francamente non me la sento di elevare alcuni brani sopra altri: tutto l'album merita elogi e non ci sono parti che si discostano nettamente (in meglio o peggio) dalle altre. Sicuramente chi ascolterà l'album troverà magari le parti lente più belle di quelle veloci o viceversa, ma sono puramente opinioni personali che non sminuiscono affatto il risultato d'insieme. Possiamo quindi affermare che The Fullness Of Time è la perfetta evoluzione musicale del precedente Redemption, dove i piccoli nei dell'album d'esordio sono stati eliminati facendo risultare quest'ultimo lavoro ancor più valido del già ottimo primo album. Questo conferma come i Redemption non siano un progetto estemporaneo ma un gruppo oramai affermato che può continuare a sfronare platter di altissimo livello perché van Dick è ispiratisimo e sa trovare ogni volta compagni di viaggio validi e motivati. Due piccole note in chiusura: nell'album qui recensito è presente una bonus track 'The Real Thing' che potreste non trovare in alcune versioni sul mercato e nell'intro del primo brano 'Threads' c'è una citazione (nota per nota) di un brano dei Symphony X, che potremmo definire fonte d'ispirazione per va Dick dato che in questo album ha messo questo cammeo e nel precedente aveva addirittura fatto partecipare alcuni componenti alla registrazione (precisamente Michael Romeo e Jason Rull al keybord programming e alla batteria).
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