KING OF NONE: In The Realm
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03/05/2024Reinterpretando lo stoner. Esordio ambizioso dei finlandesi King Of None, a coronamento di tre EP autoprodotti (2015÷2019). ‘In The Realm’ è un progetto ricco di parti strumentali che oltrepassa i confini del loro genere stoner rock, per evolvere in un’identità autentica e libera, ed essere rivolto ad un pubblico più vario, rimanendo compatto e privo di contraddizioni. Argonauta Records (etichetta italiana) punta sulle loro preziose sonorità underground. Basso e una delle due chitarre (Aleksi Kärkkäinenn) provengono dai Walkeat (2017, folk metal); voce (all’ora nella veste di chitarrista) e batteria dai Captain Skullfuck (2008, death metal). La voce bipolare di Miiro Kärki, roca e ruvida (Chuck Billy, Testament), melodica/lavata dalle impurità (Ivan Moody – Five Finger Death Punch, esempi metaforici), è in grado di adattarsi al genere e agli intermezzi di caos/melodia, presenti all’interno delle tracce dell’album. E’ fallo d'ammonizione d’inizio partita, con le chitarre turbo di “Speeder Approaching” (The Hellacopters), alternate a cori duri death ed un ritornello melodico come la scuola death metal svedese insegna. Ma è un pezzo in corsa (non stoner), dall’assolo di chitarra fuorilegge (note vibrate). Si presentano così, oltretutto con richiami grunge per il mutamento vocale: che carattere! Nuove vibrazioni. Apprezzo quell’accento fuorviante sulle parole (I used to drive) in “Low’N’Slow”, quasi new-wave su un ritmo battimano, testo che poi si trasforma in un loop stoner. “DPD” è la canzone che personifica il disordine, dal suono basso e potente, ritmo cosmico psichedelico (“Desert Cuiser”, Truckfighters). Sette minuti che potrebbero essere scomposti in tre sottotracce, in cui lo scompiglio si amplifica. Duro compito quella della batteria di tenerti i piedi per terra, soprattutto all’inizio, con un prezioso contributo di tamburi (dai bei suoni limpidi), dediti a non concedere spazio al caos, per poi inserire i riverberi dei piatti metallici, a ricordarti di trovare la fuga al caos (intanto una stazione radio in sordina complica il processo fuggitivo). Il solo di chitarra di “Thousand Ligthyears Stare” farà breccia nel vostro cuore, come tutti gli assoli della sei corde, portatori di pace mentale su riff scompigliatutto: punto di forza dei King Of None. “Lizards For Brains” compositivamente è la classica “parodia melodica” da Queens Of The Stone Age, Kyuss, con marcia di un basso massiccio che esplode nel cantato. Heavy stoner la traccia “The Man …” (otto minuti), oscura, quasi doom, che evolve in un caleidoscopio di fraseggi di chitarra, imprevedibili, come infiniti riflessi che si creano e ricreano in forme sempre diverse. Geometrie che, vorresti ripetersi, in figure sempre nuove, senza una fine. Ma veniamo al punto. Per chi sono questi King Of None? Per gli ascoltatori di Kyuss, Unida, Sleep, ma anche metallari e non, perché i King Of None sono molto prudenti e non permettono all’ascoltatore di capire i loro riferimenti musicali. Tra l’altro la loro cover/retro di ‘In The Realm’ potrebbe essere tranquillamente una citazione dell’album (definito) d’addio, ‘Head Off’, degli svedesi The Hellacopters (Entombed, Backyadd Babies). Certo, bisognerebbe vederli live!
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