GIANT: PROMISE LAND
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26/02/2010Non so se qualcuno tra voi si sia mai posto il problema di quanto sia difficile, per un recensore, essere un minimo obiettivo nel momento in cui si trova di fronte all'analisi di un'uscita partorita da uno dei propri idoli personali, fattore che in qualsiasi essere umano corredato da un minimo senso emotivo non può che apportare un temporaneo annebbiamento della propria classica razionalità, rendendo un giudizio distaccato un'operazione tutt'altro che semplice. Nel caso dei Giant, la situazione appena accennata si ripresenta in tutto il proprio splendore: quella che mi si pone di fronte è l'analisi del nuovo album di un monicker che, per ogni AORster degno di tale appellativo, rappresenta in tutto e per tutto niente poco di meno che una reale incarnazione del genere in sé, interpretato e masticato in passato con la classe degna solo delle leggende della musica in questione. Ebbene, la prima domanda che sorge spontanea è la validità artistica di utilizzare il monicker Giant al cospetto dell'assenza del frontman Dann Huff, la vera e propria costola della line-up che, dal punto di vista dei full-lenghts ufficiali in studio, nel 1989 si poneva all'attenzione dell'audience internazionale con il magistrale 'Last Of The Runaways', bissato tre anni più tardi dall'epocale 'Time to Burn' e, infine, dall'acclamato ritorno nel 2001 con l'ottimo 'III'. Una questione non da poco per i viscerali fan della band americana, che si accantona a quella relativa all'utilizzo di un singolo co-scritto con Mark Spiro e già inserito da quest'ultimo all'interno del proprio magistrale 'The Stuff That Dreams Are Made Of' del 1998, questioni che come lecito attendersi fanno da difficoltoso apripista al sereno ascolto di un ritorno la cui importanza va al di là del semplice timbro del cartellino discografico, rappresentando invece un vero e proprio evento. "Ok, e quindi?" vi starete alla fin fine chiedendo? Tirando le somme 'Promise Land' è un cd che, se preso da sé, risulta essere un lavoro curato e dalle buone potenzialità, trainato da una band di classe su cui spicca l'ineccepibile prestazione vocale di un Terry Brock in assoluto spolvero, e in possesso nella propria tracklist di diverse tracce di notevole valore artistico. Certo un lavoro di produzione ancora più incisivo avrebbe senza dubbio giovato al risultato finale del disco (così come un songwriting più curato per la parte finale dello stesso, molto meno accattivante rispetto ai primi 3/4 dei brani), ma sinceramente per una volta sento in corpo la voglia di farmi trasportare senza eccessivi patemi morali in un viaggio musicale tutto sommato coinvolgente, operato da una band che già orfana da tempo dell'altrettanto idolatrato Alan Pasqua ha saputo rialzarsi con la giusta motivazione per offrire ai propri fans un nuovo studio album alla fin fine riuscito. Certo i fasti dei tempi d'oro sono attualmente inarrivabili, ma in mezzo ai tanti ritorni da boscaioli propostici con regolarità da qualche tempo a questa parte, questo 'Promise Land' fa tutto sommato la sua porca e affascinante figura, dimostrandoci come anche la sezione ritmica formata dal duo Brignardello/Huff non ha rappresentato per i Giant solo un secondario e poco utile accessorio. Certo la speranza va ad un futuro in cui il buon Dann possa riabbracciare definitivamente i propri compagni di merende, ma per il momento, tutto sommato, può andare più che bene così.
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