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GIANT: Shifting Time

data

21/01/2022
73


Genere: Hard Rock
Etichetta: Frontiers Music
Distro: Frontiers Music
Anno: 2022

Anticipato a fine 2020 come uscita “Must Buy” di fine 2021, arriva sugli scafali con leggero ritardo il quinto parto discografico a nome Giant dal titolo ‘Shifting Time’. I membri fondatori rimasti sono la sezione ritmica Mike Brignardello (Basso) e David Huff  (Batteria). Nessun ritorno alla voce per l’autentica impronta digitale del combo americano, nonostante le preghiere dei fan e degli addetti ai lavori sui canali social; da anni Dann Huff ha abbandonato il microfono: qui, oltre alla sua completa benedizione, si presta a suonare la chitarra solista nel singolo “Never Die Young”. Alla voce troviamo Kent Hilli (Perfect Plan), dotato singer svedese che l’anno scorso abbiamo potuto apprezzare col suo ottimo debutto solista. Come suona ‘Shifting Time’? Proviamo ad entrare lentamente nei dettagli. Rispetto a ‘Promised Land’ che vide Terry Brock alla voce, siamo dinanzi a un disco maggiormente rock e onestamente superiore. ‘Promised Land’ vedeva il contributo di Dann Huff anche in scrittura, presentando un disco si maturo, ma eccessivamente soft, mancando a tratti di una certa durezza melodica che contraddistinse i tre illustri lavori precedenti. In questo capitolo la scrittura, tra gli altri, è affidata a Hilli, al perno di casa Frontiers Alessandro Del Vecchio, produttore e dietro i tasti d’avorio, a Michael Palace, Kristian Fyhr (7th Crystal) e Pete Alpenborg (Artic Rain). Superfluo ammettere che la mancanza di Dann Huff elimina l’imprinting Giant da ‘Shifting Time’, pur riconoscendo a John Roth un lavoro degno di lode alle chitarre. A tratti prende in prestito lo stile di Huff (“Let Our Love Win”, “Standing Tall”), macina riff e assoli tutti pienamente riusciti e tutti a servizio della canzone (“Don’t Say a Word”). Da tempo non restavo cosi convinto della bontà e della quantità dimostrata da un singolo musicista all’interno di un disco di rock melodico, permettendomi di apprezzare persino la breve title track posta come intro al disco. Hilli ha dalla sua la capacità di interpretare magistralmente i pezzi propriamente rock, la sua confort zone sono registri alti, ottave acute (“Never Die Young”). Riscontro in lui una maggiore difficoltà a riempire di colori le canzoni che necessitano modulazioni del timbro naturale, l’esatto opposto di Dann che in alto non ci andava quasi mai, ma in grado di dimostrarsi ogni volta capace di sfumare di colori i brani come ogni cantautore dovrebbe essere in grado di fare. Cosi “My Breath Away” è un ottimo ed immediato mid-tempo che mette in evidenza nella strofa il limite sopracitato del singer (cantato dal miglior Huff sarebbe stata canditata a song dell’anno). Ancora ottima musica nelle ballad. Ben tre: “Anna Lee” è malinconica, seducente. Altrettanto adorabili, “It’s Not Over” e “Walk Alone” dove l’intrecciarsi delle Keys e della solista crea un impasto sonoro armonico, lontano dal melenso, ma d’effetto, emotivo (il finale della prima delle due è sublime). In sintesi la band almeno strumentalmente riesce a vestire della propria pelle il contributo esterno in fase di scrittura. Quindi cosa non funziona in ‘Shifting Time’? Senza la voce, la chitarra di Huff, senza le keys di Alan Pasqua, il DNA dei Giant viene a mancare, lasciando in mano a noi amanti del genere e romantici nella concezione di moniker un buon disco, a tratti ottimo, ma non universalmente autentico. Con le dovute proporzioni del caso: gli Europe senza Tempest? Gli FM senza Overland? Coi membri originali avremmo parlato di un disco alla pari di 'III'.

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