fear factory: mechanize
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05/02/2010Finalmente! Dopo l'interminabile purgatorio durato otto anni (ma 'Archetype' non fu un brutto album, tutt'altro) finalmente Dino Cazares è rientrato nei ranghi dei Fear Factory. Ci mancava la sua mole obesa e poderosa, per non parlare della sua chitarrona Ibanez a sette corde, marchio di fabbrica del sound del gruppo di Los Angeles. E per fare le cose in grande, per aumentare la portata di quest'evento, quale scelta migliore di sostituire lo storico drummer Raymond Herrera con Gene Hoglan, altro personaggio massiccio che non ha certo bisogno di presentazioni. A completare questa nuova line-up ci ha pensato Byron Straud al basso (insieme a Hoglan negli Strapping Young Lad). 'Mechanize' è il titolo di questo nuovo album, titolo esemplare e altamente significativo. Un ritorno al sound che ha reso famoso il gruppo, seguendo un percorso ragionato fra lo stile di 'Demanufacture' (1995) ed il successivo 'Obsolete' (1998). In tutta sincerità ho apprezzato gli album del gruppo successivi a quelli citati poco fa, ma non ho mai provato le stesse sensazioni, non ho mai sbattuto la testa come in questo caso. Si perché i Fear Factory possono venir citati a ragione come pionieri di un certo modo di suonare metal, un modo bastardo di coniugare alla musica industrial la potenza del death/thrash, sperimentando voci aggressive e pulite, eoni prima di gruppi come Killswitch Engage e Rammstein. Riff granitici e stoppati con la batteria che la segue per filo e per segno, accelerazioni impossibili e quel feeling cibernetico inquietante che è una componente non secondaria, questi sono i veri Fear Factory, che dir se ne voglia, sono più di dieci anni che i fans aspettano un album come 'Mechanize'. Episodi migliori? Praticamente tutti, per una ragione o per un'altra, sono da ascoltare a volume altissimo, magari un po' sbronzi, e passa la paura. Nota: è possibile visionare il video di "Fear Campaign" a questo link.
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