CREMATORY: Monument
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27/05/2016Venticinque anni di carriera sono un traguardo che poche band possono vantare di aver raggiunto facendo del trasformismo e della regolarità nelle uscite discografiche la propria arma vincente. Partendo dal death metal hanno saputo inglobare altri generi quali industrial, EBM, gothic, power e qualche spruzzatina di djent; è proprio il caso di dire che non si sono fatti mancare nulla, pur non scendendo mai a compromessi, o abbassandosi al riciclaggio spudorato delle stesse scelte musicali. L’ultimo lavoro ben rappresenta l’anima poliedrica del far convivere tutte le sfaccettature che ne hanno determinato l’attuale proposta: anthems, ballate, riff d’acciaio supportati da ritmiche possenti a là Fear Factory - "Eiskalt" - perfettamente integrati ad un EBM di classe a base di tastiere malinconiche - "Nothing" (there is nothing in the world to see, endless pain and misery, there is nothing in my hearth to find, nothing sacred nothing kind – riuscite a non provare i brividi lungo la schiena ascoltando questa traccia?), l’imprescindibile binomio growls/clean vocals maschili/femminili, una strizzatina d’occhio qua e là alle classifiche teutoniche, e perfino il power metal alla Helloween di "Ravens Calling". Produzione grandiosa, cover art monumentale, ricerca meticolosa del ritornello di facile presa pur non scadendo mai nel banale ("Don’t get me wrong, I am so happy today, cause I’m gonna die so soon" in "Die So Soon"): se tutto ciò non vi è bastato, allora siete incontentabili. Il perfetto mix tra Rammstein, Oomph e Fear Factory per il monumento alla loro carriera.
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