CREMATORY: INFINITY
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09/03/2010Attivi dal 1991, ecco il ritorno dei Crematory, una delle band più consolidate nonché longeve all’interno del panorama gothic, con il loro dodicesimo album in studio. Il precedente 'Pray' aveva destato più delusione che entusiasmo, come si è potuto vedere non solo dalle recensioni (ad eccezione di quella curata dal mio collega Anaconda) ma anche dalle reazioni dei fans, quindi è lecito che siano nate molte aspettative intorno al nuovo lavoro. Aspettative che, per quanto riguarda la sottoscritta, in parte sono state esaurite, ma che ancora non sono sufficienti per far ritornare la band agli splendori degli anni ’90. L’aspetto più evidente di 'Infinity' è la semplicità con cui sono stati scritti questi dieci pezzi, lasciando da parte ogni espediente che sarebbe risultato troppo tecnico ed elaborato per puntare invece su soluzioni più immediate, che avrebbero colpito di più l’ascoltatore, e così avviene in certi passaggi del disco. Piacciono i robusti riff di chitarra – e qui se ne trovano in abbondanza – alternati ad altrettanti ritornelli più melodici e a passaggi musicali più cupi. Ma la sensazione è che il disco risulta piacevole ai primi ascolti ma non riesce veramente a coinvolgere come dovrebbe, manca di mordente ma soprattutto la band non osa più di quanto potrebbe fare. Alcune idee si rivelano positive e degne di nota, e degli esempi lampanti li troviamo nella titletrack "Infinity", nella cover della canzone dei Depeche Mode "Black Celebration" e in "Black Halo", ma per il resto non concretizzano abbastanza.
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