CASUS BELLI: IN THE NAME OF ROSE
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07/10/2005I greci Casus Belli tornano col loro secondo album, "In The Name Of Rose", una quarantina di minuti di musica pesante, giocata su riff massicci da volume dello stereo fuori scala. Per gustarselo, infatti, consiglio vivamente di alzare il volume il più possibile, allontanare i vicini molesti, e prendere un buon libro, o dei popcorn, o quello che vi serve per rilassarvi al meglio. Non sto gridando al capolavoro, sia chiaro, ma se si vuol rendere giustizia a questo album è meglio porsi nelle condizioni ottimali per l'ascolto. Ok, punto primo: non è un album da sottofondo: è un disco da ascolto attivo, e questo per i punti due e tre. Punto due: non siamo davanti a una rivoluzione della musica. Ne consegue che si debba prestare una discreta, se non buona, attenzione per non avere la fastidiosa impressione di stare ascoltando "la solita trippa". Le carte del gruppo sono buone, ma giocate al limite del tributo a gruppi di riferimento (pezzi che sembrano usciti da un cd dei Running Wild, o dei Judas Priest, non sono propriamente delle eccezioni). Punto tre: dopo un inizio atto a stimolare la curiosità dell'ascoltatore, il resto dell'album (dopo la melodica "Edge Of A Knife", partendo quindi da "Initiation" a seguire) tende a incespicare, a trascinarsi, a rischio di annoiare. Sembrano far capolino dei richiami a Blaze Bayley, forse troppo espliciti per passare inosservati, soprattutto a causa della voce di Dedes, e le idee personali dei Casus Belli passano in secondo piano. Se si vuole evitare una censura troppo radicale, come s diceva, bisogna forzare i timpani a seguire l'album, senza che il cervello possa allontanarsi troppo dallo stereo. Visti i tre punti qua sopra, verrebbe da chiedersi perchè ascoltare questo cd. Fondamentalmente, direi che un buon songwriting, vocal lines tutt'altro che disprezzabili, ritmiche e chitarre che, seppur peccando in originalità, sanno comunque risultare coinvolgenti, non sono proprio da buttare. Rimangono le pecche di cui si è parlato, ma queste non significano che siamo davanti ad un album brutto, o poco valido, o indegno di essere ascoltato.
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