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RAISING FEAR: AVALON

data

15/10/2006
71


Genere: Power Heavy
Etichetta: Dragonheart
Anno: 2006

Avalon: l'isola leggendaria su cui riposa re Artù, in attesa di risvegliarsi e regnare nuovamente in un'epoca di pace e prosperità. Secondo le molte leggende che la riguardano, l'isola sarebbe una sorta di tabernacolo ante litteram, un luogo fuori dal tempo e dallo spazio che custodisce alcuni dei più grandi segreti dell'umanità e della Fede. Il concept dei Raising Fear si rifà a questa tradizione estesa, per cui Avalon non è una semplice tomba: è il luogo dei culti, della conoscenza, del Graal ed altro ancora. E' un luogo inumano che più di ogni altro rappresenta l'essenza stessa dell'umanità. Ed è per questo motivo che il protagonista del disco, immerso in un mondo futuristico fondato sulla tecnologia e sul meccanicismo umano come fonte di progresso, ha proprio l'isola di Avalon come destinazione, in un viaggio di crescita e di ricerca personale e mistica, in cui l'individuo è tramite per la salvezza di tutto il gruppo cui appartiene. Il disco non racconta tutta la storia, è piuttosto un prologo a ciò che sarà: un'introduzione al processo di maturazione di Wolfram, il protagonista, il prescelto dall'Ordine per la salvezza dei suoi membri. Il suo viaggio, simbolicamente virgiliano e strutturalmente tarantiniano (nel senso che la "regia" del disco non segue un lineare ordine temporale), inizia per non concludersi nei 61 minuti del CD, quasi a ricordare Leiji Matsumoto: "ciò che conta non è la meta, ma il viaggio". Lo stile dei Raising Fear, come è loro abitudine, è un interessante ibrido delle influenze dei singoli membri del gruppo, che spaziano dal Prog al Power al Classic al Thrash: il risultato è un Power Heavy vagamente alla Grave Digger, dai suoni però più solenni e meno taglienti. Il limite di "Avalon" è rappresentato da una certa pesantezza d'ascolto: non è assolutamente un disco "da sottofondo", ma piuttosto richiede parecchia attenzione. Un ascolto distaccato rischia di scadere nella noia, a causa della notevole lunghezza di alcuni brani (la title-track è una suite di quasi 14 minuti) e delle frequenti variazioni stilistiche all'interno della stessa canzone; piuttosto è un disco da ascoltare in poltrona, possibilmente ad un buon volume, con un bicchiere di vino in mano e concentrandosi il più possibile sulla musica e sui testi. Nonostante questa difficoltà, si tratta certamente di un buon prodotto, pur se alcuni passaggi potevano ricevere una maggior attenzione in fase di mixaggio, risultando così più potenti e ricchi di pathos. Ad uno sguardo complessivo, "Avalon" risulta un prodotto impegnativo, poco immediato, ma ricco di soddisfazioni per l'ascoltatore più attento che cerchi uno stimolo complesso.

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