BATHORY: BLOOD ON ICE
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14/11/2003Innanzitutto non lasciatevi ingannare: pur se Blood on Ice è uscito nel 1996, in esso è contenuto materiale semplicemente ri-registrato, ma scritto negli ultimi eighties, quando la band stava per affrontare il suo periodo epico.. O meglio, dire "band" non è esatto, perché anche questo disco come è stato registrato interamente da Quorthon. Non solo: l'opera è stata creata nella sua ormai "mitologica" cantina (perlomeno sono queste le voci che girano), candidandosi a diventare uno dei dischi culto per eccellenza. Cosa troverete in "Blood on Ice"? Semplicemente un vero e proprio capolavoro dell'epic metal vichingo made in Bathory, ancora una volta del tutto personale e riconoscibilissimo, anche perché con questo disco Quorthon ha per la prima volta adottato una formula aggressiva e compatta, contrariamente agli ariosi "Hammerheart" e "Twilight of the Gods": il tutto risulta possente, aggressivo, quadrato, a tratti molto debitore ai Manowar e all'epic metal più classico, ma baciato dalla luce del genio di un uomo che affronta il suo primo concept album con una destrezza impressionante. Concept album, proprio così. "Blood on Ice" narra la storia di un giovane (chiamato, appunto, Blood on Ice) il cui villaggio è stato distrutto da una mostruosa belva a due teste, e della sua ricerca del potere attraverso varie prove conclusa dal viaggio mistico nel mondo della bestia e dalla morte di quest'ultima. Storia banale, direte voi, e in effetti non si può negare che il tutto sia abbastanza scontato, ma poco importa, perché, che ci crediate o no, Quorthon questa storia è riuscito a renderla vera e pulsante. Sembra davvero di vivere le imprese dell'omonimo eroe, ed ogni episodio è magistralmente reso da un atmosfera musicale cangiante che si adatta ogni volta al racconto. Dall'esordio omonimo, che nel rogo del villaggio alterna un corale epos a momenti oscuri e fangosi, si passa alla toccante "Man of Iron", una delle ballad più belle mai scritte dai nostri, per poi incontrare la guida attraverso la potenza di "One Eyed Old Man" (che cita i Manowar più di una volta), e affrontare le numerose prove attraverso l'epicità bellicosa e travolgente di "The Sword", la sognante meraviglia di "The Stallion", e raggiungere il culmine del sentimento nelle toccanti note di "The Woodwoman" e "The Lake", in un crescendo di emozioni che ci guida nelle più dure prove affrontate dal nostro eroe: nei chorus potenti ma malinconici di questi brani sembra quasi di sentire il nostro cuore e i nostri occhi strappati come nella storia narrata, e con la stessa forza d'animo disperata e vibrante dell'eroe antico. Dopodichè, prima del breve intermezzo riflessivo di "The Ravens", l'apice assoluto della narrazione: "Gods of Thunder of Wind and of Rain", l'invocazione e la dichiarazione di guerra di un eroe che chiude il suo cammino con una cavalcata gloriosa nel reame oscuro, per poi esplodere in un olocausto di vendetta in "The Revenge of Blood on Ice", che riprende il tema iniziale del disco, chiudendo il cerchio di una storia magari banale, ma che la grandiosa musica di Quorthon riesce a rendere immortale e senza tempo. Che altro dire: la registrazione è volutamente artigianale, e questo rende il sound incredibilmente sincero e vibrante di sentimento (per quanto l'ormai mitico tagliaerba in sottofondo di "Man of Iron" può scadere nel tragicomico), la voce di Quorthon è sempre sanguigna ed evocativa, la musica è ancora una volta minimale e ridotta all'osso, e proprio per questo magnifica: le splendide melodie e i tellurici ritmi del disco non necessitano di alcun abbellimento ma sono perfetti così come sono. In altre parole, con questo disco i Bathory hanno di nuovo scritto il proprio nome tra i massimi livelli dell'epic metal.
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