SAIGON KICK: Voglia di ristampe
Strana creatura quella dei Saigon Kick. Emerse nel momento giusto, dopo l’assuefazione smodata causata dal carrozzone delle hair metal band, quando i gusti del pubblico iniziarono a farsi più sofisticati, maturò l’urgenza di esplorare nuove sonorità. Agli inizi degli anni ’90 si avvertiva aria di cambiamento, oltre l’onda sonica proveniente da Seattle, che scaturì un fenomeno su vasta scala battezzato grunge, all’improvviso alcuni gruppi open mind iniziarono a contaminare il suono rock con altre sonorità, fondendo gli stili più disparati, che la stampa specializzata definì crossover: Living, Colour, Beastie Boys, Faith No More, R.H.C.P, Mindfunk 24-7 Spyz, Warrior Soul, Infectious Grooves, Primus, Fishbone, oltre a moltissimi altri affascinanti gruppi (fatevi un giro su Spotify). Pronti via, ‘Saigon Kick’ è realizzato a cavallo tra ‘Pornograffitti’ (Extreme) e ‘Slave To The Grind’ (Skid Row), sotto la guida competente di Michael Wagener, il mago dei suoni per buon parte della crème di Los Angeles: Dokken, Keel, Alice Cooper, Great White, Warrant, Stryper, White Lion, ecc. La ristampa (in audio remastered) contiene due tracce bonus prelevate dall’edizione giapponese di ‘Saigon Kick’ (1991), un album dalle sonorità atipiche per la fusione tra bordate metal, avvolte da cascate di armonie vocali (anche dal gusto orientale), come se i Cheap Trick si fondessero con i King’s X. Un forte contrasto musicale che dopo tanti anni dalla pubblicazione ha mantenuto quel taglio ‘moderno’ ed anomalo, tanto che ai tempi il personale dell’Atlantic (seppur esperto nelle sonorità rock) non ebbe le idee chiare su come gestire il quartetto di Miami, spedendoli in tour proprio con i Cheap Trick, per poi affiancarli ai Ratt ed, in fine, con i punk rocker Ramones. Se ‘What You Say’ è un vulcano di cori, ‘What Do You Do’ erutta scariche hardcore, ‘My Life’ richiama addirittura i Beatles mentre l’abrasiva ‘Acid Rain’ fa da contraltare alla psichedelia di ‘Colors’. L’esplosione a livello terracqueo del grunge mise i Saigon Kick in scia al movimento fino a raccoglierne i frutti con
‘The Lizard’ (1992), seppur licenziato per la piccola Third Stone, sussidiaria dell’Atlantic, arrivò il tanto agognato disco d’oro, trascinato dal singolo ‘Love Is On The Way’: un’intensa dolce ballad che non ha nulla da invidiare a ‘To Be With You’ oppure a ‘More Than Words’. L’album mantiene l’impostazione sonora del suo predecessore migliorandone gli arrangiamenti, più sofisticati e ricercati, sviluppati attraverso una track list lunghissima con ben 16 brani. La nuova edizione contiene come traccia bonus il rifacimento di ‘Dear Prudence’ dei Beatles, una ballata acustica con dei forti richiami psichedelici degli anni ’60, recuperata dall’edizione giapponese e riletta in chiave abbastanza fedele all’originale. Era il periodo in cui Pantera ed Alice In Chains imperversano dettando nuove regole che, inevitabilmente, furono assorbite anche da Jason Bieler, principale autore in casa Saigon e per l’occasione anche produttore. ‘Hostile Youth’, ‘Feel The Same Way’ e ‘Freedom’ suonano meravigliosamente anche oggi, potentissime e plasmate da spettacolari intrecci vocali tra Kramer e Bieler. Se ‘My Dog’ è una scheggia impazzita, ‘God Of 42nd Street’ è una power balld psichedelica che sprofonda nei sixties; un successo commerciale meritato per ‘The Lizard’, un album ricco di varianti musicali e tracce di rara intensità emotiva.
‘Water’ (1993) è frutto di una gestione travagliata, Matt Kramer (voce) e Tom Defile (baso) si tirano indietro lasciando le redini in mano a Jason Bieler, nel mentre il gruppo si trasforma in un trio con Bieler nel doppio ruolo di voce solista e chitarra, Varone confermato dietro i tamburi e con Chris McLemon (ex Cold Sweat, la band formata dall’ex Keel Mark Ferrari) che subentra nel ruolo di bassista. ‘Not Enough’ è la bonus track, dall’impronta industrial metal, pescata dall’edizione import ma l’orecchio casca sul rifacimento, riuscito, di ‘Space Oddity’ del duca bianco David Bowie. A contorno dell’impianto metal vi è un’ulteriore ricerca negli arrangiamenti, arrivando ad esplorare il territorio dei gospel nella mistica title track. Per la varietà dei temi e per l’eleganza di un songwriting di notevole spessore, se un album come ‘Water’ venisse pubblicato oggi si griderebbe al miracolo.
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