THE REST SIDE: The rough core of things
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13/07/2011Vi è mai capitato di mettere nel lettore un cd di una band sconosciuta dalla quale avere zero aspettative, e ritrovarvi dopo solo poche note a sentire quel sound con il quale siete cresciuti e che vi ha sempre fatto impazzire? Bene, questi sono i The Rest Side; ci presentano il loro primo lavoro contraddistinto da una produzione pazzesca, degna di una band mainstream a cura di Alessandro Paolucci (Raw Power, Vanilla Sky, Shandon, Malfunk, Prozac+), che mette in risalto dei bassi profondissimi e quel groove che vi fa alzare di botto l'adrenalina e muovere il culo anche se non lo volete. Quel sound che negli anni '90 si chiamava crossover o noise, mentre oggi ha assunto le definizioni più disparate: alternative metal, post metal etc; formazione ridotta all'osso: chitarra/voce, basso e batteria; zero fronzoli, tanta sostanza, 'membri' dotati di palle dodecagonali e fumanti. Per credere a ciò che vi dico basterà ascoltare "Foolscap", traccia inziale e punta di diamante dell'album (attenzione a non alzare troppo il volume dello stereo pena esplosione delle casse), pura dichiarazione d'intenti e summa di ciò che vi aspetta, cioè un riuscitissimo mix di Helmet ("No One Knows What Clearness Means") più Tool ("Faded Memory Of My Promises", "Scrabble"), Soundgarden ("Saturated People"), Rage Against The Machine ("Many Trained Soldiers"). Risultato finale: i Sevendust.
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