SUICIDE SILENCE: THE BLACK CROWN
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25/07/2011Il terzo disco della carriera è spesso determinante, dicono, per confermare/smentire eventuali fan e detrattori, e soprattutto per raggiungere maturità artistica e consapevolezza dei propri mezzi. Nel caso dei Suicide Silence, tutti questi elementi sono esasperati dal fatto che la band californiana, in pochissimi anni, è riuscita ad accumulare un numerossisimo manipolo di fan, e di altrettanti detrattori. Accusati dai più di essere la solita band deathcore macchina da merch (vero), idolatrati da altri ancora come 'il futuro del death metal' (vero pure questo), i nostri sono riusciti a mettersi pericolosamente in bilico col secondo album 'No Time To Bleed', che se eccelleva nel bastonare l'ascoltatore e ribadire la caratura di deathcore kings, faceva presagire una fine decisamente prematura. Ecco perchè 'The Black Crown' era atteso da chiunque, per finalmente applaudire in maniera convincente o tirare le uova marce. Il sottoscritto, che ha sempre amato la band, era a dir poco scettico. Ecco, sono stato smentito. Perchè 'The Black Crown' finalmente riesce a far convivere le tre anime che stanno alla base della band, ma che finora avevano faticato a venire fuori, ovverosia death metal purissimo, metalcore a base di breakdown e...nu metal (ascoltatevi "O.C.D.", o "Human Violence"). Pezzi maiuscoli come "You Only Live Once", "Fuck Everything", "Cancerous Skies" (forse il miglior brano mai scritto dalla band), o le sorprendenti "Smashed" e "Witness The Addiction", la prima con Frank Mullen dei Suffocation e la seconda con Jonathan Davis dei Korn (!). Insomma, maturità artistica? Assolutamente si.
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