STEVE ROTHERY: THE GHOST OF PRIPYAT
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17/02/2015Steve Rothery è uno di quei pochi, pochissimi chitarristi che ancora sa come far "piangere" la chitarra. Steve ha ovviamente un approccio personale con lo strumento, ed una sensibilità non comune lo contraddistinguono subito non appena ascolti ad "orecchie chiuse" un suo assolo, od un giro armonico. Caratteristiche che hanno tracciato il suo percorso artistico non solo con i Marillion, ma anche quando si è staccato momentaneamente dalla band madre - in merito ci vengono subito in mente i The Wishing Tree, sua creatura con all'attivo due album, il fenomenale 'Carnivals Of Soul' ed il successivo 'Ostara', accompagnato dalla presenza e dalla voce suadenti di Hannah Stobart. Con 'The Ghost of Pripyat' il chitarrista inglese sarebbe in teoria al debutto solista. Un album composto da trame romantiche e da arrangiamenti complessi che rendono il disco tutto meno che scontato. Sul piano esecutivo emerge il lavoro del capitano che gioca per la squadra, chitarra sempre in primo piano, ma sempre al servizio delle canzoni. Condizione un po' anomala per un disco solista di un chitarrista, non certo per Steve il quale punta sempre alla riuscita finale di un brano coinvolgendo tutte le parti in causa. Non a caso il resto della band non è composta da turnisti misconosciuti, ma da ottimi musicisti già impegnati a pieno con le rispettive band d'appartenenza - vedi Leo Parr, Riccardo Romano e via dicendo - che non fanno accademicamente solo da spalla. Non sono da meno neanche gli ospiti, vedi un certo signor Steve Hackett, ed un signorino chiamato Steven Wilson entrambi alla chitarra. Ed in questo tripudio di "Stefani" emerge un album interessante ed ispirato, nato lo scorso autunno prima come autoproduzione e finanziato con crowfunding, ora invece distribuito sotto InsideOut Music, in cui sono diverse le anime che lo compongono, spaziando dal progressive al rock, dal blues ad accenni psichedelici.
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