STEEL ASSASSIN: FROM THE VAULTS
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18/03/2005Steel Assassin: ovvero quando il revisionismo ottantiano ha il suo perchè. Tra le mille bands americane dedite a un sanguigno, incontaminato e roboante epic metal il nome dell'Assassino d'Acciaio è infatti tra i più misconosciuti, essenzialmente perchè nonostante una carriera pluriennale questa band non è mai riuscita a realizzare un album ufficiale, e questo stesso "From The Vaults" è essenzialmente una raccolta di brani apparsi su demo (se non vado errato, "Executioner" comparve anche su Metal Massacre). Ci tengo innanzitutto a rassicurare tutti quelli che tra voi si sono fatti un po' sospettosi riguardo a queste operazioni di riesumazione (e a ragione direi visto le discutibili glorificazioni a posteriori di qualsiasi cosa sia uscita negli anni '80 e sia stato "colpevolmente ignorato"): gli Steel Assassin erano EFFETTIVAMENTE un gruppo autore di validissima musica, e c'è davvero da essere dispiaciuti ascoltando queste registrazioni, troppo approssimative per essere godute appieno, ma non abbastanza per nascondere il valore di Phil Grasso e compagni. Lo stile dei nostri è una summa del metallo epico americano: riff robusti e compatti, ritmiche dinamiche in continua alternanza tra mid tempo e sfuriate doppiocassistiche molto power-oriented (ovviamente nel senso ottantiano del termine), atmosfere arcaiche e leggendarie, feeling ora eroico ora più soffuso e oscuro sulla falsariga dei Witchkiller. Numi ispiratori d'alto rango sono indubbiamente i Judas Priest a livello chitarristico, e ovviamente l'intenzione è quella dei primissimi Manowar: coniugare un heavy metal aggressivo e intenso alla leggenda e al mito. I testi, in tal senso, sono molto meno dozzinali di quanto ci si possa aspettare, traendo ispirazione dalla Storia e dalla mitologia classica, trattando personaggi e temi quali Attila, Fetonte, la caduta di Roma, le Crociate, Spartaco, anche con buoni risultati dal punto di vista emozionale ed evocativo. Essendo il disco essenzialmente una raccolta, è inevitabile che ci siano alcuni brani di spicco, in particolar modo la lunga e atmosferica "Barbarians On The Frontier" (dove lo spettro dei Witchkiller è particolarmente presente), la brutale e Manillaroadiana "Attila The Hun" o la devastante opener "Spartacus" (mazzata US power degna degli Omen più belligeranti), ma anche brani più classici come l'epicissima "Phaethon" o la priestiana "Falling Steel". E' infatti il carisma e il potenza della musica dei nostri a far dimenticare la qualità purtroppo infima della produzione (impastatissima e confusionaria), e anche qualche svarione di troppo nella prestazione dello screamer Doni Escolas. Ottima invece la prova della sezione ritmica, adattissima allo stile e compatta come pochi. Insomma, ce n'è di che godere per qualunque appassionato di sonorità epiche e barbariche nella grande tradizione americana anni '80!
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