SPACE MIRRORS: The Other Gods
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06/09/2013Alisa Coral, tastierista su due album dei blackster The Meads Of Asphodel, ritorna col quinto disco a nome Space Mirrors, progetto nato con la ferma convinzione di collaborare con molteplici artisti. Tutto ciò suona molto Ayreon, e guarda caso il debutto vecchio ormai di quasi dieci anni ha come ospite su alcune tracce proprio il caro Arjen. E' però dai dischi successivi che Alisa chiama a sé addirittura molti degli Hortus Animae (accade in 'In Darkness They Whisper'), e poi eccoci qui. Qualcuno rimane, altri se ne vanno, ma la proposta rimane più o meno la stessa. Si presenta con una prima traccia esplosiva, un ritornello che colpisce e arrangiamenti insoliti ma per fortuna personali. Creano un mood molto intenso. A seguire, "The Nameless City" si tinge di dark , ha un riff che in un primo momento stanca un po, ma è il contrasto che si crea con la voce che rialza un po le sorti, congedo a parte, di evidente spunto lovecraftiano. Tanta la psichedelia: la formazione, come ad ogni disco, non può non suggerire composizioni corpose e ricche di vibrazioni spaziali (come suggerisce il monicker della band): già in apertura, le note di un mellotron e del moog fanno la loro comparsa, poi il violino,e dulcis in fundo la presenza di Nik Turner, che nonostante vige attento dietro le quinte, dirige una delle top-tracks, ovvero "Frozen City Of Cubes And Cones" (bella l'idea della chitarra che rallenta e si tuffa in un piacevole monologo), "Strange High House" e la mini-suite, in un quadro spettrale ancor più interessante. L'ensemble fa del suo meglio, nota in particolare anche per Claudio Tirincanti alla batteria, ma nel complesso il quintetto sfodera la loro miglior prova, confermando così lo stato di grazia sia di ogni musicista al suo interno, sia della brava e bella Alisa che va oltre ogni altra aspettativa.
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