SKYCLAD: SWORDS OF A THOUSAND MEN
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21/07/2003Quando si prende in mano un singolo del 2001, generalmente, ci si aspetta di sentire qualcosa di nuovo. Se il singolo in questione è degli Skyclad dell’ex Sabbat Martin Walkyer e dell’ex Satan e Paraiah Steve Ramsey, poi, l’aspettativa cresce: in fondo questi inglesi hanno portato il folk nel mondo del metal in una serie di album in continuo crescendo stilistico e tecnico, con conseguenti show divertenti e coinvolgenti. Quando infine ci si trova a sentire questo “Swords Of A Thousand Men”, o anche solo a leggerne la tracklist, l’infarto è quasi assicurato. La domanda che viene spontanea è: che senso ha un singolo di tre canzoni, due delle quali sono due versioni quasi identiche dello stesso pezzo, e per di più tre classici? La risposta sta nella storia del gruppo. Quando nel Gennaio 2001 Martin annuncia il suo ritiro dalle scene per “continue difficoltà finanziarie personali” il gruppo mette dietro al microfono Kevin Ridley, produttore ed amico, che già aveva collaborato come chitarrista e back vocalist per alcuni anni. Dopo lo show di beneficenza che aveva causato questa scelta, però, l’entusiasmo del pubblico obbliga la scelta di tenere Kev come nuovo frontman. A questo punto una delle prime manovre degli Skyclad è la ristampa di questi classici degli anni ’80, con due versioni della title track: la prima cantata da Ten Pole Tudor, primo singer del gruppo, in duetto con Kev, e la seconda dal nuovo cantante da solo. A questo punto diviene chiaro come questo singolo sia in realtà un pezzo per intenditori, per soli esperti in grado di apprezzare quello che ai profani sembrerebbe un lavoro squallido. In effetti, le due versioni della title track sono pressappoco identiche, salvo poche variazioni nel tono delle chitarre e delle voci, e sono difficilmente “smerciabili” su un pubblico che non ami i fati del metal anni’70 ed ’80. Le ritmiche ricordano il punk di quegli anni, e le voci “graffiano” l’orecchio dell’ascoltatore con un tono fin troppo pulito, tipico anch’esso degli eredi dei primi Black Sabbath. Quanto alla terza traccia, “The Widdershins Jig”, si tratta di una ballad semi-acustica con una forte componente di folk scozzese, sicuramente gradevole ma insufficiente a reggere da sola il peso di tutto il singolo.
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