SKULLVIEW: KINGS OF THE UNIVERSE
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18/12/2005Il secondo album degli Skullview è probabilmente anche il più rinomato, forse perché rappresenta il cuore di una bellissima trilogia e racchiude in se sia il furore selvaggio degli esordi che la ricercatezza del successivo capitolo. Lo spirito in ogni caso è sempre lo stesso: difendere a spada tratta la genuinità del classico metallo epico beffandosi allegramente di qualsiasi tendenza commerciale. Cominciamo col dire che Kings Of The Universe ha il duro compito di non far rimpiangere quel capolavoro irripetibile che è stato Legends Of Valor… Si parte con la title track: senza dubbio una delle più belle canzoni firmate Skullview. Riff stordenti, cadenze malvage e soprattutto un indimenticabile ritornello carico di ardore sanguinario che la rende un’efficace song d’assalto, sicuramente più lineare e accessibile del solito, ma non per questo meno originale. Classico epic metal per “Hand Of Zeus”, già più variopinta e articolata della precedente, con tanto di mille temi diversi a prova del fatto che gli Skullview non hanno affatto esaurito la loro riserva di fantasia. Una lenta discesa negli inferi scandita dai soliti bassi esagerati e da quelle linee vocali psicopatiche tipiche degli Skullview che piacciono a noi. Anche “In League With The Dragon” e “Cobwess And Shadowes Images” sono pezzi notevoli, seppure un po’ prolissi e tuttaltro che orecchiabili. “Mourning Light” è invece un caso a parte e probabilmente rappresenta uno dei punti più alti dell’album. Non dico che si tratti di una vera e propria ballata, ma tra le note di questo lento sofferto si avverte senz’altro un’anima più riflessiva, quasi malinconica che lascia intravedere la voglia del gruppo di fare un passo oltre i confini dei propri canoni. Questo piccolo esperimento è uno dei tanti segnali di maturazione del gruppo, che lentamente imparerà a controllare i propri istinti barbarici per arricchire le composizioni e puntare su una maggiore varietà. L’effetto collaterale è la mancanza dell’omogeneità che caratterizzava l’esordio e soprattutto dell'inspiegabile fascino che trasmettevano canzoni passionali come “The Night Of Metalkill”. Torniamo nel vortice con le classicissime “War Within The Sky” e “Blast Furnace”, sicuramente tra i migliori pezzi del disco forse proprio perchè ricordano gli oscuri dedali di Legends Of Valor. La prima è un turbine di riff minacciosi che si chiude senza troppi compromessi con un trionfale inno di battaglia; mentre “Blast Furnace” è il pezzo più schizofrenico dell’album. Earthquake ha talmente tante cose da dire in così poco tempo che a volte sembra dimenticarsi di respirare. Puntuale come sempre sta’ a Gleam Of The Skull il compito di chiudere il disco. Stavolta però non siamo affatto ai livelli del debutto e quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo asso nella manica per gli Skullview viene inspiegabilmente giocato male in una canzone fin troppo forzata nella melodia e anche un po’ inconcludente deludendo le inevitabili grandi aspettative. Peccato… Per il resto King Of The Universe è un disco vario, completo, suonato in maniera eccelsa e che pur non avendo il tocco di genio del suo predecessore riuscirà senz'altro ad aprire il cuore dei fan.
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