NIGHTWISH: DARK PASSION PLAY
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01/10/2007Il tempo è giunto. Tre anni sono trascorsi dalla release di “Once” ed il licenziamento di Tarja Turunen certo non ha contribuito ad alleviare l’attesa per questa importante release. Il disco della svolta per i Nightwish prende il nome di “Dark Passion Play”: un’oscura commedia di passioni dietro alla quale si celano i sentimenti del compositore Tuomas Holopainen, relativi a questo importante split, espressi dalla nuova candidata a prendere il posto dietro al microfono. Stiamo parlando di Anette Olzon, ex voce degli Alyson Avenue che abbiamo già conosciuto grazie ai singoli “Eva” e “Amaranth”, il cui timbro pulito testimonia l’importante abbandono alla voce lirica femminile. Un passo importante per i Nightwish che non vuole dire per forza “snaturarsi” o amalgamarsi ad altri gruppi in voga al momento. Infatti per quanto la voce di Anette in questo contesto si avvicini di più a quella di Sharon Den Adel (Within Temptation) rispetto che ad altre, con i dovuti limiti del caso, non si può non evidenziare un’ottima interpretazione dei brani da parte sua oltre che ad una valida estensione vocale. Oltre a questo “Dark Passion Play” non riesce certo a farsi trovare banale. Ben convinti dei propri mezzi e forti di una produzione monumentale i Nightwish si prendono il rischio di cominciare l’album con una suite di tredici minuti. “The Poet And The Pendulum” si rivela così una grande sorpresa e vera gemma compositiva, così trascinante nel suo evolversi da non poterne reclamare una prematura conclusione. A seguire troviamo le “hit” di questo disco, due brani che ricalcano i singoli di “Once” ma che riescono a non risultare troppo scontati, soprattutto grazie al bel tiro di “Bye Bye Beautiful”. Eccellente è il pathos dell’unione dei due cantanti in “7 Days To The Wolves” ed è addirittura sconvolgente vedere i Nightwish alle prese con un brano così Thrash-oriented come “Master Passion Greed”, bell’occasione per sbattere un po’ la testa e godere del particolare timbro di Marco Hietala. Fase centrale del disco affidata a brani di ispirazione più Gothic scandita dalle valide “For The Heart I Once Had” e dall’orientaleggiante “Sahara”, dove Anette riesce a ben esprimere le diverse tonalità della sua voce. C’è anche spazio per vedere il combo finlandese alle prese con due brani di matrice celtica: la ballata “The Islander”, composta e interpretata da Hietala, e il trascinante strumentale “Last Of The Wilds” si rivelano altri due inaspettati pezzi da novanta. A chiudere il tutto il dolce lento di “Meadows Of Heaven”, apprezzabile ma non tra i più riusciti di sempre. I Nightwish arrivavano a questo disco carichi di responsabilità ma pare davvero che questo split abbia giovato alla band di Tuomas. Liberatasi da vincoli di ogni tipo la band è riuscita a comporre un album avvincente sia dal punto di vista musicale che da quello "lirico", per il quale l’arrivo di Anette è stato come la ciliegina sulla torta. Tarja Turunen è stata fondamentale per questa band, ma questo addio finalmente rende giustizia alle abilità degli artisti che si muovevano alle sue spalle. Touchè.
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