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SAVAGE GRACE: Sign Of The Cross

data

24/06/2023
66


Genere: Power Metal
Etichetta: Massacre Records
Distro:
Anno: 2023

I veterani statunitensi Savage Grace, capitanati da sempre dall'hawaiiano e controverso Chris Logue, hanno dato alle stampe due album a metà degli anni '80. Una nuova incarnazione della band nel 2010 con membri tedeschi stava per partorire un terzo album, ma il defilarsi del già citato mastermind portò gli altri membri a pubblicare detto album sotto altro monicker, Master Of Disguise, con palese riferimento all'album d'esordio dei Savage Grace, oltre ad altri indizi come ad esempio l'artwork che riprendeva il soggetto presente sui due album della band madre, un poliziotto sadico denominato Officer Knutson. Dopo questa e altre sofferte vicende (come anche la separazione della band dalla Limb Music, che aveva ripubblicato il catalogo precedente della band nel 2010 per poi mettere sotto contratto i già citati Masters Of Disguise; notare come Chris Logue inviti esplicitamente sul sito della band a non acquistare nulla dalla Limb) siamo infine di fronte ad un terzo album, dopo ben 37 anni! Le coordinate stilistiche sono in fondo le stesse di allora, e anche i motivi di perplessità e spaesamento. La band suona per lo più un power/speed metal molto energico, con assoli di chitarra numerosi e ubriacanti, impreziosito da un cantante che si muove in stile sirena da raid aereo su coordinate priestiane tra Halford, Scheepers e il primo Dickinson. Tuttavia non mancano alcuni riferimenti glam/sleaze, come alcuni pezzi meno impegnativi ("Stealin' My Heart Away", "Rendezvous", "Star Crossed Lovers" e "Helsinki Nights" con relativi testi annessi) più l'indefinibile copertina dell'album, che affianca le altre, altrettanto spiazzanti. Il lavoro sembrerebbe mancare, in altre parole, di una forma di coerenza stilistica. O forse è una coerenza comprensibile solo per Chris Logue. A parte questa irritante schizofrenia stilistica, il lavoro in se è meritevole, nel genere, per un'energia al di sopra della norma che, pur nel contesto di un lavoro decisamente retrò, lascia nei suoi momenti migliori (fra tutti i brani scelgo "Automoton" a esemplificare al meglio) una sensazione di novità. 

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