ORDEN OGAN: The Order Of Fear
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02/08/2024Gli Orden Ogan sono una band che si è certamente fatta un nome nell'ambito del power metal tedesco: si ricorderà, tuttavia, come con il precedente album "Final Days", avessero tentato un approccio con delle sonorità in qualche modo più modern, sperimentando soluzioni più particolari. Una mossa, questa, di cui il gruppo teutonico probabilmente non era neppure del tutto convinto, tanto da preferire di tornare decisamente sui propri passi, realizzando con questo nuovo "The Order Of Fear" un disco molto classico, forse persino fin troppo canonico per quello che è sempre stato il loro tipico stile. Per ottenere questo risultato, Levermann e compagni si sono fatti aiutare da un loro fan sfegatato proveniente dall'Uruguay e conosciuto on line (in particolare, questi aveva sottoposto loro alcune cover di loro brani) che ha dato un contributo alla scrittura di alcune canzoni. Per sottolineare ulteriormente questa sorta di ritorno al passato, la band è andata a riprendere un vecchio concept, già proposto in album precedenti, fino a "Ravenhead" del 2015, di cui questo rappresenta un seguito. L'avvio del disco è molto buono con due pezzi di grande impatto come "Kings Of The Underworld" e la title-track. Le tracce successive sono tutto sommato buone canzoni, talvolta più potenti, in altri casi caratterizzate da ritornelli più lenti ed evocativi, ma sempre alquanto melodici e dove si mettono in evidenza cori imponenti, dal sapore molto "blindguardiano". Si distingue un po' tuttavia l'ultima parte della tracklist: "My Worst Enemy" è una suggestiva power ballad, mentre, al di là della brevissima "The Journey Thus Far" (una sorta di intermezzo), con le lunghe tracce "Anthem To The Darkside" e "The Long Darkness" la band va a pescare dal proprio passato. La prima, infatti, risale alle sessioni di registrazione del 2017 per l'album "Gunmen"; la seconda, invece, risale addirittura ai prima anni di vita della band, ma sono entrambe tracce che obiettivamente arricchiscono sensibilmente l'album. Diciamo che, con "The Order Of Fear", Levermann e soci tendono forse troppo ad enfatizzare il loro desiderio di tornare all'essenza del proprio sound e ci tengono evidentemente a far percepire quest'aspetto. Un simile approccio potrebbe far pensare ad una scarsa ispirazione dei musicisti, anche per il fatto che sono andati a recuperare outtakes del passato, ma non siamo di quest'avviso, perchè tutto sommato l'album nell'insieme funziona bene come concept e le canzoni prese in sè suonano pure molto bene: queste scelte non ostavano comunque alla possibilità di provare pure qualcosa di meno scontato e, per certi versi, anche meno prevedibile, perciò non possiamo dire che "The Order Of Fear" sia in grado di convincere sotto tutti i profili. Quanto meno, comunque, rende l'idea del fatto che gli Orden Ogan siano tornati su territori a loro molto congeniali, per cui in questo caso non possiamo che prendere atto di quest'aspetto.
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