ROYAL HUNT: Dystopia Part 2
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18/11/2022Circa due anni dopo l'uscita della prima parte si rivedono sulle scene i Royal Hunt capitanati come sempre dal tastierista di San Pietroburgo Andrè Andersen, e li ritroviamo così come li avevamo lasciati. Difatti la seconda parte ricalca quasi in toto l'episodio precedente, quindi con tutti i pregi e i (sempre più) difetti. La differenza che salta all'occhio rispetto alla prima parte è la condivisione delle linee vocali da parte di D.C. Cooper con altri singer certamente blasonati come Mark Boals, Mats Leven, Henrik Brockmann (il loro cantante nei primi due dischi) ed altri meno noti come Kenny Lübcke e Aleksandra Andersen, ma concettualmente non ci si sposta di una virgola sia come liriche (ispirate al romanzo Fahreneit 451 di R.Bradbury), quanto in termini strettamente musicali, prevalgono quindi le ampollose pomposità tastieristiche di Andrè sempre più a discapito delle parti chitarristiche del bravo Jonas Larsen. Ciò che preoccupa è in particolare la crescente difficoltà creativa della band, incapace di proporre qualcosa che possa andare oltre l'autocitazionismo, la riproposizione di schemi oramai fin troppo obsoleti. Nonostante la bontà del lavoro in fase solista di Jonas spesso i riff si presentano un po' debolucci schiacciati dallo strapotere dell'operato delle tastiere a volte davvero fine a se stesso. Qualche brano che dà l'idea che non tutto sia perduto comunque lo troviamo: si pensi a "Thorn In My Heart", "One More Shot" che quantomeno presentano un certo dinamismo e alla suite "Scream Of Anger" dalle spiccate caratteristiche prog nonostante i ben quattordici minuti di durata e l'ingresso della voce solo dopo alcuni minuti, ma è altresì da evidenziare la cristallizazione del sound ancora più forte; siamo di fatto arrivati con questi ultimi due lavori prodotti dalla band danese al punto più basso della loro carriera e opere d'arte quali "Moving Target" e "Padadox" appaiono al momento un bellissimo, ma sempre più lontano ricordo.
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