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ROYAL HUNT: XIII - Devil's Dozen

data

28/08/2015
75


Genere: Symphonic Pomp Metal
Etichetta: Frontiers Records
Distro:
Anno: 2015

Hanno fatto un bel tredici i Royal Hunt, tredici dischi senza mai fallire un colpo! La band appare coesa al massimo nonostante l'uscita dello storico drummer Allan Sorensen, ma basta la presenza del duo Andersen/Cooper che ha sfornato pietre miliari come 'Moving Target' e 'Paradox' (oltre ai due recenti 'Show Me How to Die' e 'A Life To Die For' a garantirci le stessa sicurezza di un assegno circolare. Pur restando nell'ambito territoriale degli Hunters, stavolta non si avverte una facilità di ascolto come nel recente passato, situazione che ci impone un approccio non superficiale su un lavoro dove la durata di ciascun brano si attesta intorno ai sei/sette minuti, eccezion fatta per la bonus track finale dove ci sembra di percepire gli Europe caricati a pallettoni con un certo retrogusto pop. Ciò che conta è che il tutto viene eseguito con la consueta maestria con le sezioni di archi (“A Tear In The Rain“) e fiati che fungono da ornamento allo scrupoloso lavoro delle keys e del guitar riffing (si ascolti la notevole "Riches To Rags"). E se un brano come "So Right So Wright" rappresenta il classico che più classico non si può i Royal Hunt hanno in serbo calci per tutti in “May You Never (Walk Alone)” che dopo il sublime incipit pianistico si trasforma un atletico power metal con enfatici chorus impreziositi dalla grazia delle female vocals. A volte si ha la sensazione che i Royal Hunt vogliano vivere un po' di rendita (che sia il segno di una stasi compositiva?) evitando di impelagarsi in follie sperimentali preferendo insistere nell'ormai consolidato equilibrio tra melodie mai troppo mielose, atmosfere pompose ma mai tronfie e improvvise impennate di potenza. Potremmo, a voler essere puntigliosi, punzecchiare DC Cooper che nonostante la sua consueta capacità interpretativa oggi non lo vediamo così preciso al 100% e nutrire un certo disappunto su un episodio come 'Heart Of The Platter' sporcato da un refrain assai scontato: piccole pecche che non ci permettono di inserire 'Devil's Dozen' nel novero dei capolavori assoluti. E' impensabile ipotizzare un futuro denso di nubi riguardo la band danese ma è anche impensabile intravedere intuizioni che possano trovare sbocco in un nuovo 'Moving Target'.

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