SILENT CALL: Greed
data
12/04/2010Ascoltando anche solo i suoni campionati che fuoriescono dalla tastiera di Patrick Tornblom nell’opener track si capisce quanto il gruppo svedese guardi ai Dream Theater di "Image and Words". I Silent call, quintetto svedese dedito ad un power-progressive metal molto melodico, con questa seconda prova, dopo l’ottimo riscontro avuto in Europa del precedente 'Creations From A Chosen Path' del 2008, riconfermano l’indiscusso valore della loro proposta. Pochi e non particolarmente significativi i cambi di line-up rispetto a due anni fa, Mikael Kvist rimpiazza dietro le pelli il guest Daniel Flores (Mind's Eye, Murder of My Sweet), e il vocalist Andi Kravljaca riprende il suo posto dietro il microfono dopo l’intervento di mister Göran Edman (Yngwie Malmsteen, Brazen Abbot, Time Requiem, John Norum ), come ospite in 'Creations From A Chosen Path'. Le differenze tra i due lavori, dicevamo, sono davvero minime sia perché l’ugola di Kravljaca ricorda molto da vicino quella di Edman, sia perché dietro il mix ritroviamo Martin Kronlund (Hammerfall, Firewind), e i JM Studios di Stoccolma dai quali sono usciti albums di artisti come Joe Lynn Turner piuttosto che Lionel Richie o Paul Young. Le undici tracce di 'Greed' si lasciano ascoltare molto piacevolmente sia per l’evidente talento profuso dai cinque svedesi sia per le scelte melodiche che permeano ogni canzone, sia per il buon gusto negli inserti solistici della coppia Ekhlom-Tornblom mai fini a se stessi. Difficile scegliere le canzoni migliori in un disco simile, ma senza dubbio 'Greed' si può fregiare di uno degli attacchi migliori di questo 2010 grazie alla coppia "Every Day" e "I Am My Nation (primo singolo promosso con un videoclip), che invitano l’ascoltatore ad addentrarsi nella musica dei Silent Call. Come tradizione melodica vuole le canzoni non hanno un elevato minutaggio (un paio raggiungono giusto i sette minuti di lunghezza), ma puntano all’impatto dei chorus e all’essenzialità dei solos nonché a ritmiche non particolarmente elaborate nonostante ci si trovi di fronte ad un lavoro ascrivibile al power-progressive. Mattias Noren della ProgArt (suoi i bellissimi artwork dei booklet degli Evergrey, Kamelot, Planet X, Epica e tanti altri) veste l’album con le sue magnifiche pennellate digitali e consegna alla Escape l’ennesimo piccolo cult che vi invito ad ascoltare al più presto.
Commenti