REVEREND BIZARRE: IN THE RECTORY OF THE BIZARRE REVEREND
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11/11/2005“Doom what thou wilt, shall be the whole of the law”: questa bizzarra rivisitazione della frase con la quale il famoso occultista Aleister Crowley riassumeva la sua filosofia nonchè unica regola da seguire, è riportata all’interno del booklet del cd in questione. Una chiara dichiarazione d’intenti da parte di questo trio finlandese, che già al debutto si candida come uno dei nomi più accreditati alla rinascita di questo genere fin troppo di nicchia e spesso bistrattato. Sin dalla prima traccia, ci viene presentato un Doom in perfetto stile Black Sabbath e St.Vitus, con qualche concessione psichedelica ad accompagnare i riffs monolitici: “Burn in Hell” scorre pesante come un macigno, mentre il cantante/bassista Magister Albert esprime la sua personale opinione nei confronti del mondo ecclesiastico e della figura del prete (sino ad arrivare al conclusivo “You bastard!”). Con la successiva “In The Rectory” i toni si fanno più apocalittici: inizia lentissima per poi esplodere in una seconda parte più rockeggiante e movimentata; sapiente poi l’uso delle tastiere verso il termine, utili a creare la giusta atmosfera, senza tuttavia ammorbidire il sound. Commovente la drammaticità di “The Hour of Death”, durante la quale si ripercorre la lunga e straziante agonia di chi non vorremmo mai perdere, con annessa preghiera del narratore disposto a sacrificarsi piuttosto che rimanere senza la sua unica ragione di vita, e successivo desiderio di ritrovarsi una volta deceduti ( “Deep under the sacred round, no one will be able to part us now”). Ipnotica “Sodoma Sunrise”, song che ripresenta lo schema della seconda traccia, passando dalla pesantezza e ossessività dell’inizio a momenti più movimentati in seguito. “Doomsower” è l’unico episodio che mantiene sempre i ritmi alti, canzone molto rock ma comunque opprimente grazie al suo riff essenziale e pesantissimo. “Cirith Ungol”, ovvero l’ultima traccia, è l’apice compositivo dei Reverend Bizarre: una lunga intro dominata dalla batteria e dai suoni di un temporale, un’incredibile pezzo di oltre 20 minuti particolarmente intenso ed evocativo. Così si chiude un lavoro affascinante e, seppur debitore dei mostri sacri del passato, sufficientemente singolare e personale. Da apprezzare anche il notevole artwork, a partire dalla copertina riproducente il dipinto “El Sabado de las Brujas” di Francisco de Goya. P.s.: il disco è stato riedito nel 2004 dalla Spikefarm Records, con un bonus cd contente materiale inedito, più il video della canzone “Doom Over the World”
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