RAGE: Afterlifelines
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06/04/2024Tornano in pista con il loro venticinquesimo disco i tedeschi Rage, partoriti dalla mente di Peavy Wagner, la colonna portante della band e unico membro presente da ormai quarant’anni a questa parte. Questo nuovo disco, ‘Afterlifelines’, è composto da due cd. Il primo è più “classico” e presenta il tipico power thrash metal di scuola tedesca. I Rage erano una band ponte a cavallo tra due filoni perché non raggiungevano mai velocità inaudite, erano comunque tra i più tecnici e si contendevano il primato con i conterranei Helloween e i Running Wild. Questi stilemi ci sono ancora tutti nel primo dei due cd e la voce del cantante è meno acuta di un tempo e più sul roco, forse una forma di adattamento dettato dall'età. Come si conviene nella scuola thrash metal, soprattutto quella tedesca, un intro chitarristico arpeggiato seguito da una partenza a razzo con doppia cassa a palla apre il disco 1: il risultato è la potentissima “End Of Illusion”, con doppia cassa e riff ficcanti che lo rendono un brano iniziale certamente indovinato. In “Dead Man’s Eyes” si nota l'influenza dei suddetti Halloween in un certo tecnicismo ritmico, e in “Toxic Wave”, traccia che lascia interdetti per i continui mid tempo, gli stop and go tra il lento e l'accelerato forte. Tra l’altro sono due brani che affrontano serie tematiche ambientali, come l’inquinamento e l’estinzione di specie animali. Quello che però mal sopportavo, e anche ora, della scena metal tedesca era la tendenza di molte band all’anthem, all'inno, con cori che trovo assolutamente indigesti e inutilmente cerimoniosi, tranne nel caso di altre band ben diverse come Sodom e Kreator, che si muovevano per altro in territori più estremi. Il disco 2 è un disco leggermente diverso perchè presenta arrangiamenti orchestrali piuttosto curati per tutta la sua durata. Il brano d’apertura “Cold Desire” ne è un esempio: una breve intro di piano e strumenti ad arco fanno presto spazio a una esplosione di metallo pesante che potremmo definire symphonic power metal. Questa sperimentazione continua con “Curse The Night”, in cui sembra di risentire gli Evanescence, tranne ovviamente la voce che lì è affidata a una donna: un modo per rinnovarsi alla luce delle nuove tendenze, a partire dagli anni '90. I Rage cominciarono presto a sperimentare sin dal loro terzo disco ‘Execution Guaranteed’, ma esperienze con forme orchestrali le ricordavo soltanto nei tedeschi, anch'essi, Mekong Delta e nei Celtic Frost dello sperimentale ‘Into The Pandemonium’. Il disco 2 scorre via secondo questo schema di power metal orchestrale, con l’immancabile ballad, tipica del metal anni ’80: “Dying to Live”, brano piuttosto lento e arpeggiato che poi esplode in distorsione mantenendo comunque la stessa ritmica. Piuttosto gradevole. Il doppio disco risulta in buona sostanza un’opera piuttosto impegnativa e ambiziosa e il limite sta proprio in questo: 21 brani, seppure con varianti di genere, come ricordavo sopra, sono po’ troppa carne a fuoco. Sarebbe stato meglio pubblicarli separatamente, anche a distanza di un anno, per una resa migliore. Tenendo conto pure che questo tipo di metal risulta oggi assai datato.
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