WINTERLONG: WINTERLONG
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16/03/2005Gruppo svedese post-malmsteeniano pubblica album poco innovativo e discarso successo. Chitarrista fondatore si libera della zavorra (o la zavorra si libera di lui?) e ricrea il gruppo da zero, procurandosi anche un drummer che con Malmsteen ha suonato. Il risultato? Un album nè carne nè pesce, un po' Neoclassic e un po' Power, con poche idee e mal sviluppate, trito e ritrito, sentito e strasentito. E, tra l'altro, un dilemma esistenziale: e il bassista? E poi, perchè il sito della band non viene aggiornato da prima dell'uscita del precedente flop di due (o tre?) anni fa? La dimensione di questi dilemmi esistenziali dovrebbe fornire la misura della mia delusione, dopo aver tentato e ritentato questo ascolto senza mai cavarne nulla di ispirato o di ispiratore, senza un brivido, senza un istante di quella sensazione che ti fa pensare "però, mica male". Nulla. Intendiamoci, non è stato un ascolto pesante, brutto, di quelli che ti fanno domandare "ma quando cavolo finisce?", solo che questo "Winterlong" non ha nulla da dire: esprime bene il nulla, il silenzio, nel senso che, in una cinquantina di minuti di musica ben suonata, non c'è un solo pezzo degno di suscitare un'emozione diversa dalla noia. Certamente Englund è un ottimo chitarrista, e certamente Johansson sfoggia una tecnica tutt'altro che indifferente. Altrettanto certamente Holm non si mostra quel gran cantante di cui il gruppo favoleggia, mantenendosi su un tono di mediocrità vagamente piatto, senza mai "allargarsi" almeno nel dimostrare un minimo di estensione vocale. La conclusione, ovvia, è che un buon gruppo non basta a fare un buon album. Semplicemente, "Winterlong" è un più che discreto buco nell'acqua, praticamente un flop annunciato.
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