RAGE: The Devil Strikes Again
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22/06/2016Trentatre anni di vita (considerando i primi tre sotto il monicker Avenger) e ventidue album in studio: possiamo senza dubbio considerare i Rage un'istituzione per l'heavy metal teutonico, anche se i riconoscimenti che la band guidata dal carismatico Peavy sono soltanto una manifestazione parziale delle potenzialità espresse, e questo potrebbe essere una conseguenza del comportamento dello stesso Peavy, personaggio dal carattere non facile tant'è che Victor Smolski, uno dei più talentuosi chitarristi in circolo, si è trovato costretto a chiudere l'esperienza con i Rage dopo ben venti anni di militanza, preceduto dal drummer Andrè Hilgers, rimpiazzati rispettivamente da Marcos Rodriguez e da Vassilios Maniatopoulos, in pratica da due perfetti sconosciuti. Fatta questa doverosa premessa, poniamoci questo dubbio: il diavolo Peavy riuscirà a colpire ancora una volta? La risposta è affermativa, ma ci permettiamo di porre qualche appunto. L'intenzione del leader apportando questa rivoluzione è quella di ritornare ad un passato più remoto, quello del quadriennio 1992-1995 dove vennero pubblicati autentici gioielli come 'The Missing Link', 'Trapped' e 'Black in Mind', perfetti esemplari di coesistenza tra rocciosità heavy/power (con un occhio rivolto al thrash) e una componente melodica assai accentuata, caratteristiche che evidentemente riscontriamo nei Rage odierni dopo la lunga parentesi all'insegna di soluzioni musicali più ricercate in cui l'estro e il funambolismo di Smolski facevano veramente la differenza. Se la title track riprende il discorso iniziato con il brano "Sent By The Devil" (punta dell'iceberg del granitico 'Black in Mind') e si segnala positivamente per la perfetta interazione tra brutalità e melodia, le successive "My Way" (già anticipata come singolo apripista) e "Back On Track" pur lasciandosi ben ascoltare non convincono del tutto causa una struttura non certamente elaborata dove i chorus cascano nel tranello dell'easy listening. Con "Oceans Full Of Tears" i Rage si riappropriano di quella durezza del sound che li accompagna, tra ottimi momenti come "Spirits Of The Nights" con un riff strettamente legato al metal classico e cali di tensione come l'anonima "Deaf, Dumb And Blind", all'epilogo “The Dark Side Of The Sun”, dal taglio moderno e chirurgico con un'atmosfera leggermente più oscura. Non stiamo certo trattando di un disco da tramandare ai posteri, i Rage si sono sì riappropriati di quella immediatezza un po' troppo trascurata nei precedenti capitoli, ma ciò è avvenuto a sacrificio delle performance tecniche nel senso più stretto del termine e con un livello di ispirazione buono ma lontano parente di quello dei tempi migliori; i nuovi innesti eseguono egregiamente il loro compito mettendo in mostra un certo gusto senza voler troppo impressionare e che comunque devono completare il processo di integrazione con il boss Peavy. La sensazione finale è quella di un prodotto in prossimità dello standard medio dei Rage (quindi assai elevato) ma le intuizioni geniali che ci riempivano il cuore di gioia in opere come 'Soundchaser', o in quella più recente con la Lingua Mortis Orchestra (trattasi per chi scrive una delle migliori espressioni symphonic/power di questi ultimi anni) al momento possiamo solo sognarcele se, come in questo caso, non si va oltre il campo dell'ordinaria amministrazione.
Frago
22/06/2016, 16:56
Ok, allora devo ascoltarlo. Mi basterà saltare quell'orrore di My Way e tutto filerà liscio-