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MY DYING BRIDE: SONGS OF DARKNESS, WORDS OF LIGHT

data

26/02/2005
74


Genere: gothic/doom
Etichetta: Peaceville
Anno: 2004

Che cosa si può dire degli inglesi My Dying Bride che ancora non si sia detto? Niente, penso. Di belle e di brutte, il gruppo ne ha raccolte veramente tante in tutti questi anni. Ultimamente si era parlato di loro in termini decisamente positivi (almeno per quanto riguarda il sottoscritto), per le due ultime uscite: 'The Dreadful Hours' (2001) e il live 'The Voice Of The Wretched' (2002), due buonissimi prodotti che avevano contribuito a riportare in auge il nome del gruppo, dopo la "sbandata alternativa" di un album (sottovalutato, peraltro) come '34.788%... Complete'. Ora, quasi in sordina esce il nuovo full lenght, dal titolo lungo quanto esplicativo: 'Songs Of Darkness, Words Of Light', ovviamente per la Peaceville. Con questo titolo i MDB si conquistano subito la palma per il titolo più prevedibile che si potevano scegliere: certo, spiega assai bene il dualismo assai vincente fra parti oscure e solari, fra doom metal criptico e a tratti aggressivo e gothic metal dalle tinte romantico/decadente.... però alla fine la scelta del titolo mi è sembrata un po' bislacca. Titolo o meno quello di cui ci deve interessare è la musica. Quest'album, e sciolgo subito ogni dubbio, è My Dying Bride al 100%; chi avrà la possibilità di ammirarli al Gods Of Metal di quest'anno probabilmente farà bene a studiarsi questo disco, anche se di certo farà non poca fatica. Perché? Perché le composizioni spiccano innanzitutto per una eccessiva lunghezza che porta poi inevitabilmente a cali di tensione e prolissità di fondo (oltre, chiaramente, alla noia). Pur avendo già in passato proposto canzoni monumentali in quanto a bellezza e mastodontiche in quanto a durata (una su tutte: "The Cry Of Mankind" da 'The Angel And The Dark River del 1995), questa volta ho l'impressione che si sia esagerato. "The Wreckage Of My Flesh" per esempio, che apre il disco, sciorina i suoi riffoni apocalittici per quasi nove interminabili (nel bene e nel male) minuti, mentre "My Wine In Silence" (stupenda canzone), la canzone di più breve durata del lotto, "solo" per 5:53. Musicalmente l'album prosegue il discorso del precedente 'The Dreadful Hours', specialmente vocalmente: il singer Aaron Stainthorpe ancora una volta centra il bersaglio proponendo intelligenti cambi di voce al momento giusto, sempre equamente bilanciati fra parti cantate e "lamenti". Produzione e artwork molto ben curati ed efficaci, non fanno altro che abbellire un prodotto giòà splendente di luce propria, che però richiederà numerosi ascolti per poter essere veramente compreso nella sua intierezza. Le tematiche affrontate in quest'album sono sempre le solite care ai My Dying Bride da quasi vent'anni, perciò evito di ripetermi anch'io, solamente che questa volta sono state presentate in un modo un po' più criptico. Mi spiego meglio: dall'album 'The Light At The End Of The World' (1998) le composizioni dei MDB sono state presentate in una duplice forma, per la quale a volte si iniziava aggressivamente per poi continuare melodicamente, e a volte viceversa. In quest'occasione, mi è sembrato che l'anima aggressiva e oscura del gruppo sia stata inserita quasi sempre all'interno di parti più aggraziate, quasi a voler intontire l'ascoltatore con mood e suoni delicati, per poi colpirlo a tradimento ("Catherine Blake" è un chiarissimo esempio). Una raccomandazione prima di chiudere: provate ad ascoltare questo album mentre siete a letto, al buio, in cuffia... l'effetto è decisamente diverso (e migliore)!

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