METAL CHURCH: A LIGHT IN THE DARK
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05/07/2006Con copertina furba si presenta il nuovo lavoro dei Metal Church. Un rimando ad un passato celebre mette subito in gioco il presentimento che dietro a quella chitarra "fumante" si nasconda il vuoto, e che giocoforza questo "A Light In The Dark" possa solo essere una luce debole, fioca, di cui nessuno si accorgerà. Invece, stando a quanto emerge dal disco, la stessa copertina assume più un valore di riesposizione di quel simbolo che la band di Seattle fa valere come segno di riconoscimento, per dire che i Metal Church sono finalemente tornati anche sul piano musicale. E certi riferimenti non mancano in quello che possiamo in scioltezza definire come il miglior disco dai tempi "Hanging In The Balance": più di una volta, con le dovute differenze ed intensità, incombe sui brani quella venatura inquietante ed oscura che aveva contraddistinto il leggendario esordio, e sprazzi martelleanti in pieno "The Dark" style. E se non fosse per un rilevante calo nel finale, affronterei questa recensione da un altro punto di vista, e con un entusiasmo maggiore. Infatti, l'intera prima parte del disco disintegrerebbe tante oscenità oggi sul mercato in meno che non ti aspetti. "Mirror Of Lies" è un corposo calcio nei coglioni che ti metterebbe KO per una settimana, condito da una serie di assoli come nella migliore tradizione "al fulmicotone" in cui le due chitarre, Vanderhoof e, ricordiamolo, il redivivo ex Malice Jay Reynolds, si scambiano i ruoli e si inseguono in un duello da brividi. Vanderhoof sembra abbia riacquistato fiducia nel comporre, e questo primo lotto di song lo dimostra con composizioni articolate, complesse, come già in passato aveva dimostrato di saper scrivere. La title track e "Beyond All Reason", in particolare, sono due carri armati in un labirinto alla ricerca della via d'uscita. La seconda parte, invece, ricorda molto il precedente "Weight Of The World", diretta, più improntata sull'impatto che non nella concretezza, seppur piacevole e scorrevole grazie in particolare all'ingresso in formazione di Jeff Plate(in sostituzione di Kirk Arrington. Ha lasciato per problemi di salute), il quale apporta il giusto equilibrio tecnica-potenza, e quel goccio di fantasia che non guasta mai. Conclude il CD la riregistrazione del classico "Watch The Children Pray" in memoria del compianto David Wayne che, purtroppo, non rende quanto l'originale per effettiva mancanza espressiva di Munroe (il quale, comunque, si difende alla grande), rispetto allo stesso Wayne, ma in questo brano quel che conta è ben altro, e di valore ben più alto. Un disco che segna una crescita rispetto al lavoro precedente, ed una maggiore amalgama in quella che sarebbe una formazione (quasi)del tutto nuova. Cosa che lascia presagire continuità da un lato, e ulteriore prospettiva di miglioramento dall'altra. Che per un monicker che vanta 25 anni di carriera non è affatto poco.
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