MEDIEVAL STEEL: MEDIEVAL STEEL
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27/11/2005Quando un "profano" sente nominare per la prima volta i Medieval Steel, la prima cosa che fa è in genere chiedersi: "ma come cazzo hanno fatto questi a entrare nella leggenda con un demo e un mini di quattro canzoni ciascuno?". La domanda non è mal posta. Ci sono talmente tante bands riscoperte solo in nome del'inebetita "cult-mania" di questi ultimi anni, che si sente il bisogno di giustificare anche bands che dovrebbero essere al di sopra di ogni discussione (Sword, Brocas Helm, Heavy Load, Steel Assassin, Fifth Angel...), perchè purtroppo finito è il tempo degli eroi, e in troppi si schierano vilmente dalla parte di quanti vorrebbero farci credere che tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto sia morto e sepolto da mille e mille anni: è dunque necessario spiegare in dettaglio concetti che, in un ipotetico mondo perfetto dove l'acciaio conta più dell'oro, dovrebbero essere immediati e innati in ciascuno di noi. La formula dei Medieval Steel è semplice, efficace e senza pretese: riffing concreto ed essenziali, assoli selvaggi e appassionanti, incedere bellicoso e una rimarchevole interpretazione vocale da parte del vocal hero Bobby Franklin, una delle più belle e carismatiche voci dell'heavy metal americano. Stilisticamente accostabili ai Manowar più chitarristici (e per Manowar intendo quelli pre-Kings of Metal, chiaramente!) e, per certe melodie intristite e nostalgiche, ai Warlord meno elaborati, i Medieval Steel non hanno dalla loro particolari doti di genio, fantasia o importanza storica. Effettivamente, la domanda posta in precedenza non ha risposta. Avvincenti nella spaziale "Battle Beyond The Stars", evocativi nella rallentata "Warlord", i nostri riescono a dare voce, con un pugno di riff, a un sano quantitativo di emozioni che però non raggiungono vette epocali, e la seducente traccia di chiusura "Echoes", incredibilmente eighties e sexy nel suo atteggiamento romantico e marpione, non giustifica comunque lo status di eroi raggiunto dai nostri. Eppure, per capirlo, basta semplicemente lasciarsi un attimo andare, pazientare la fine dell'indimenticabile narrazione filtrata che apre il disco e godersi l'impetuoso incedere dell'omonima title track, autentico inno di questo genere per i secoli a venire che giustificherebbe qualsiasi leggenda e la più cieca delle venerazioni anche da sola! Come si fa a resistere alla tonante cavalcata dell'armata in battaglia? Come si fa a fermare l'impetuoso vento del passato con le nude mani? Come si fa a non arrendersi davanti a tale, spettacolare potenza sonora? Come si fa ad amare l'epic metal e non amare questo brano, questa perla rara che nella sua incredibile e ingenua semplicità dice tutto ciò che c'è da dire sul connubio tra heavy metal e epos immortale? Non si può, dico io. E davanti a una tale dichiarazione d'intenti la domanda trova risposta, e i Medieval Steel possono reclamare a buon diritto un posto nell'Olimpo dell'heavy metal, ma non l'Olimpo fastoso e barocco di chi il successo lo misura con le copie vendute... ma l'Olimpo arcaico e iniziatico di chi il successo lo misura col cuore. E se il resto del disco non raggiunge questi livelli, pazienza: chi altri, dopotutto, ha saputo fare tanto?
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